Covid, crollo del Pil altoatesino tra il -6,8% e -11,3%

Dopo un primo rallentamento della diffusione del COVID-19 a inizio estate, la pandemia ha ripreso la sua corsa in tutta Europa con l’apertura delle frontiere e, in seguito, delle scuole e, di conseguenza, con una circolazione più intensa delle persone. Le previsioni economiche rimangono dunque molto incerte e dipendono in larga scala dall’andamento della pandemia, così come dallo sviluppo di un eventuale vaccino, dalla sua efficacia e rapidità di distribuzione. Come le altre regioni europee, anche l’Alto Adige ha rilevato una crescita dei nuovi casi a partire da metà agosto e ciò ha comportato la necessità di rivedere le stime dell’andamento economico per il 2020 e per il 2021. Si è provveduto quindi ad aggiornare le previsioni già rilasciate in base ai nuovi dati pubblicati da ISTAT a maggio, cercando di tenere conto del più recente andamento pandemico. In particolare, sono stati ideati due scenari distinti per il 2020.

Per quanto riguarda il primo scenario, si ipotizza una diffusione del virus simile a quanto verificatosi nell’ultimo mese e mezzo. Una situazione dunque che consentirebbe gli spostamenti sul territorio nazionale così come lo svolgimento delle attività lavorative, seppur con qualche perdita in più rispetto agli anni precedenti dovuta ad esempio ad un minore afflusso di turisti da paesi terzi e un calo di alcune attività a causa di una minore propensione delle persone al consumo e alla mobilità. La perdita per questo scenario si attesterebbe al -6,8%, in leggero rialzo rispetto a quanto stimato a fine maggio.

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Nel secondo scenario invece si ipotizza un graduale aumento dei contagi a partire da metà ottobre per cui si renderebbero necessarie ulteriori misure restrittive. L’intervallo di perdita stimata, tra il -7,2% e il -11,3%, vuole comprendere diverse possibili ipotesi di chiusura. Una perdita contenuta sarebbe il risultato di misure quali un progressivo ritorno al lavoro agile, un minore spostamento turistico e un calo degli afflussi in luoghi di socializzazione quali ristoranti e bar, ma comunque senza impedimenti alla libera circolazione. Con l’inasprirsi delle misure di contenimento si prevede un calo più consistente del PIL, fino ad arrivare al – 11,3%, ipotizzando a partire da metà/fine ottobre una nuova chiusura totale come quella verificatasi a marzo con una graduale riapertura solo a partire da metà dicembre, scenario comunque poco probabile.

Anche le previsioni per il 2021 sono quanto più incerte. Le stime considerate ipotizzano uno scenario economico senza restrizioni a causa del virus. Ciò potrebbe essere raggiunto verosimilmente presupponendo a distribuzione di un vaccino a partire da inizio 2021 oppure una diffusione minore o meno aggressiva del virus. La stima iniziale per il 2021, pari al +5,1%, è stata corretta al rialzo (+6,0%). Presupponendo invece uno scenario di nuova chiusura nel 2020 e quindi un calo medio complessivo del PIL del -10,0% nel 2020, la crescita nel 2021 si attesterebbe al +8,3%.

Il commento CNA

“Rispetto a queste previsioni – prosegue il presidente Corrarati – dobbiamo fare due osservazioni. La prima è che l’intero 2020, a questo punto, si prevede sia negativo per l’economia, con alcuni settori che hanno cali del fatturato fino al 90% e altri che se la cavano meglio. In questo contesto, per garantire la tenuta del sistema economico e dell’occupazione, occorre prevedere una proroga fino a fine anno degli aiuti a fondo perduto. Diverse aziende, tenendo conto del criterio relativo al meno 20% di fatturato nell’anno, non avevano presentato domanda, fiduciose sulla ripresa autunnale che, invece, adesso appare molto meno raggiungibile e, pertanto, a fine anno avranno certamente un calo di ricavi superiore al 20%”.

“La seconda osservazione – aggiunge il presidente della CNA-SHV – riguarda la ripresa nel 2021: è poco credibile immaginare che piccole e medie imprese abbiano la forza, da sole, di passare da una fase di calo ad una di crescita rapida. Occorre creare l’humus fertile per agevolare la ripresa, studiando sin da adesso forme di sburocratizzazione, semplificazione, riduzione del carico fiscale e accesso al credito che dovranno essere già consolidate al momento del rimbalzo economico. Non dobbiamo farci illusioni: le stime sul turismo dicono che se anche si tornasse alla normalità, ci vorrebbero almeno due anni per raggiungere i livelli pre Covid. Un dato che sembra calzare a pennello per gran parte dei settori economici, non solo per il turismo”.

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