
Piacentini, il fascismo e Bolzano. Il nuovo libro di Aaron Ceolan
Bolzano. Il nuovo libro scritto da Aaron Ceolan, “Marcello Piacentini a Bolzano. Architettura e trasformazioni urbane negli anni Trenta” (Effekt! 2025), affronta un tema tutt’altro che neutro in Alto Adige: il ruolo dell’architettura negli anni della forzata italianizzazione fascista a Bolzano – di cui il Monumento alla Vittoria firmato proprio da Piacentini resta uno dei simboli più noti e discussi. In vista della presentazione del volume a Bolzano, in programma martedì 9 settembre alla Biblioteca provinciale italiana Claudia Augusta (ore 17.30), abbiamo intervistato Ceolan, storico dell’arte e archivista al Comune di Bolzano, per chiedergli cosa l’abbia spinto a tornare su paesaggi architettonici e simbolici politicamente scottanti. Iniziamo la chiacchierata dal Monumento alla Vittoria.
Perché questo libro su Marcello Piacentini, autore del monumento simbolo del fascismo in Alto Adige ?
In realtà quello che non volevo fare era parlare del Monumento alla Vittoria, che è stato già ampiamente trattato in altre pubblicazioni- penso al libro di Zoeggeler e Ippolito, ma in particolare al volume di Ugo Soragni. Ho preso invece in considerazione un aspetto meno studiato, ovvero quello che c’era intorno al monumento, l’aspetto urbanistico dell’intervento di Piacentini a Bolzano, città di confine “conquistata” durante la prima guerra mondiale e che doveva avere un aspetto nuovo, un aspetto italiano.
Una città che parlava un’altra lingua, anche a livello architettonico…
L’intervento di Piacentini si va a inserire in un contesto molto bello dal punto di vista architettonico, era la Bolzano finalmente rinata a fine ottocento sotto il sindaco Perathoner dopo decenni di inattività, con costruzioni come il Laurin , il Bristol, le scuole, l’asse di via Cassa di Risparmio e diversi edifici nello stile mitteleuropeo del Spätklassizismus , in cui operavano architetti civici come Sebastian Altman e Gustav Nolte. L’avvento del fascismo cambia tutto. Per questo aspetto l’intervento di Piacentini a Bolzano è un caso unico, perché viene a lavorare in un contesto totalmente diverso rispetto ad altre città italiane come Bergamo, Brescia, Torino o Milano.
Aaron Ceolan con la pubblicazione. Foto Venti3
Per Bolzano Piacentini elabora un nuovo piano regolatore..
Nel 1929 il Comune di Bolzano bandisce un concorso per un piano regolatore. La giuria è presieduta dallo stesso Piacentini, come del resto avveniva per il 90% dei piani regolatori del tempo. Risultano vincitori tre progetti: quello di Libera e Pollini, Muzio e Sottsass.
Ma..
Alla fine il piano regolatore lo realizza Piacentini, prendendo come base i progetti vincitori ed elaborandone uno nuovo.
Questo dice qualcosa del personaggio. Citando lo storico dell’architettura Paolo Nicoloso tu scrivi che Marcello Piacentini forse non era il più bravo architetto italiano, ma sicuramente il più potente…
Si, è importante ricordare che a Bolzano in quel periodo -dalla metà degli anni venti e soprattutto negli anni trenta- opera uno dei più importanti architetti italiani. Piacentini è una figura molto complessa, che si contraddice molto spesso e cambia stile per acquistare potere e influenza. Negli anni venti ha già una carriera avviata, ma quando nasce il movimento dell’architettura razionalista capisce subito che sarà importante e influenzerà gran parte dell’architettura moderna, non solo in Italia: lui si sente vecchio, e comincia a temere la “concorrenza” di fronte ad architetti che sono di una generazione più giovane.
E abbandona qualsiasi spinta rinnovatrice per chinarsi al regime, quella che Zevi definisce la “morte” di Piacentini, nel 1925. Eppure, non mancano le lodi all’architettura razionalista e le collaborazioni con i suoi esponenti, anche a Bolzano…
Lui loda il movimento dell’architettura razionalista per le forme e l’ideale, ma la critica spesso – ad esempio dice che l’architettura razionalista sbaglia quando costruisce un edificio senza inserirlo all’interno di un contesto più complesso, senza prendere in considerazione la storia e il passato di un luogo.
Il contrario di quello che fa a Bolzano!
Esatto, a Bolzano Piacentini realizza una città nuova, collega Bolzano a Gries ma distrugge quello che c’è in mezzo, tra il Talvera e il centro di Gries con ville e alberghi che vengono rase al suolo…mi interessava dimostrare questo, l’aspetto “razionalista” di Piacentini, che però razionalista non è, e spiegare il contesto intorno al Monumento, come viene realizzato tutto quel quartiere che va dal “Foro della Vittoria” (odierna piazza Vittoria, ndr)-come lo chiamava lui- verso Gries, verso le Semirurali, con i quartieri Dux e Littorio (oggi Don Bosco e quartiere intorno a Piazza Matteotti, ndr) e verso la zona industriale.
Piazza Mazzini allora Piazza Druso. Foto Archivio storico della Città di Bolzano
Insomma, il focus del volume è sulla progettazione urbanistica a Bolzano durante il fascismo.
Si, ma anche sull’aspetto storico, considerando cosa era Bolzano negli anni venti e trenta con il passaggio di sovranità dall’Austria all’Italia: Piacentini costruisce all’interno di una città che deve essere trasformata e passare, secondo gli obiettivi del regime, da 35mila abitanti a 100mila abitanti italiani, quindi una trasformazione etnica vera e propria. Una città tedesca, austriaca, in cui avrebbe voluto smantellare i portici e creare un corso che da Piazza municipio portasse verso Ponte Talvera e Gries – con riferimento ai grandi corsi imperiali romani.
Di quel periodo colpisce la fiducia nell’architettura come mezzo potente per veicolare contenuti dittatoriali ..
Questo è un aspetto interessante, il rapporto tra Piacentini e Mussolini. Si potrebbe iniziare con una domanda: Piacentini era un fascista convinto? Sicuramente non era un fascista della prima ora: all’inizio degli anni venti era stato addirittura picchiato dagli squadristi a Roma, allora era vicino agli ambienti della massoneria. Poi però lo diventa ed è convinto di quello che fa. Non ha mai avuto un rapporto di amicizia con Mussolini, ma entrambi – e questo va detto- erano consapevoli di dover sfruttare l’altro. Dal 1925 in poi tutti i progetti più importanti in Italia passano dalla scrivania di Piacentini.
L’architettura era parte della propaganda…
Il regime fascista era consapevole del fatto che più che volantini e testi scritti era l’architettura ad essere presente nel contesto quotidiano e di tutti: passeggiando per una città italiana costruita nello stile piacentiniano chiunque era immerso in un programma, in un progetto ben definito di esaltazione del mito fascista.
Qual è la tua valutazione sugli aspetti urbanistici che hai studiato per il libro?
C’è da differenziare un giudizio artistico e architettonico e poi c’è un giudizio storico; per quel che riguarda l’architettura, l’architettura razionalista non è quella fascista, è un movimento moderno all’avanguardia e a me piace molto e si ritrova in tante città.
A Bolzano questo movimento dove lo ritrovi?
Si ritrova dal punto di vista estetico – all’epoca sul piano qualitativo le costruzioni di Corso libertà e dell’allora Piazza Libertà sono di qualità altissima, compresi gli edifici intorno al Monumento, con i palazzi dell’ Inps e dell’ Ina e poi anche Piazza Tribunale. C’è da dire che il regime metteva a disposizione fondi illimati: anche il Palazzo del Corpo d’Armata all’interno è un palazzo bellissimo, l’appartamento del maggiore conserva un prezioso mosaico di Cadorin, che ha eseguito anche i due affreschi nella cripta del monumento alla Vittoria. Certo, tutto questo succede sullo sfondo del programma di italianizzazione – è il momento storico peggiore per la Bolzano e ovviamente non è giustificabile, ma bisogna saper distinguere e capire qual è il contesto storico nel quale viene realizzata quest’opera urbanistica.
Come va letta recepita oggi questa grammatica architettonica?
Negli ultimi anni sono stati fatti diversi passi avanti con il lavoro fatto al Monumento alla Vittoria, con l’apertura della parte musealizzata e anche con l’installazione della scritta di Hanna Arendt sull’ex casa Littoria in piazza Tribunale. Sono operazioni di contestualizzazione importanti, soprattutto a Bolzano per poter fare pace con quel periodo, perché non ha senso abbattere certi monumenti e costruzioni e cancellare quello che è successo, ma bisogna creare un dialogo e guardare avanti.
A proposito di fare pace, il monumento sorge su una piazza che non si è voluta chiamare “della Pace” …
Quella è stata forse un’operazione prematura, a quel tempo non c’era il percorso espositivo all’interno del monumento e forse non è stata data la possibilità alla cittadinanza di confrontarsi in modo positivo con quell’argomento…
Chissà come andrebbe oggi, aggiungiamo, noi.
Caterina Longo
Aaron Ceolan è archivista presso l’Archivio della città di Bolzano. Dal 2020 è membro del comitato paritetico responsabile del Monumento alla Vittoria di Bolzano; si occupa, tra l’altro, di temi legati alla storia dell’arte e dell’architettura del XX secolo.
Immagine in apertura: l’edificio del Corpo d’Armata a Bolzano disegnato da Marcello Piacentini.
Foto Archivio storico città di Bolzano