Lorit, l'Opera sull'overtourism e la crisi climatica. Intervista al compositore Marius Binder

Nell’ultimo giorno dell’ultimissima stagione sciistica dell’umanità si incontrano, appesi ad un filo dell’ultima cabinovia, i destini di cinque personaggi allegorici: la Morte, il Turismo, il Padrino della funivia, il Bel Paesaggio e l’Ultima Generazione. È questo lo scenario di Lorit, l’opera sulla “fine dei tempi” scritta dal giovane compositore austriaco Marius Binder. Vincitrice del concorso di teatro musicale FRINGE promosso dalla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, Lorit  verrà presentata in prima assoluta domenica 21 gennaio al Teatro SanbàPolis di Trento  e martedì 23 gennaio al Teatro Comunale di Bolzano, mentre nel mese di febbraio farà tappa a Innsbruck, al Tiroler Landestheater di Innsbruck (11.02.2024). Insieme Binder,l’opera ve de Christine Polzer alla regia, Christoph Huber alla direzione musicale, Robert Prosser come autore del libretto e Julia Neuhold per il set e il design dei costumi.

Lorit si ispira alla tradizione dei drammi morali per affrontare temi attuali e globali come i cambiamenti climatici, i sistemi economici e le crisi. In scena sfila una giostra di figure, che incarnano interessi e contraddizioni fin troppi noti a chi vive il turismo nelle Alpi. Ognuno vuole qualcosa “Il Bel Paesaggio, che vuole continuare a esistere e a piacere; Il Turismo vuole godersi una vacanza all’insegna della spensieratezza, in fin dei conti ha pagato; Il Padrino delle funivie non vede né tantomeno accetta che possa finire l’epoca di sfruttamento turistico del Bel Paesaggio, mentre L’Ultima Generazione si ritiene l’unica detentrice della verità e si oppone a tutto ciò che anche lei sfrutta, dandolo per scontato” spiegano gli organizzatori. In questo scenario un’unica figura non vuole nulla: La Morte.
Cosa spinge un giovane autore a tradurre in opera temi così “politici”? “Più che come messaggio politico nella questione del turismo vedo una dimensione religiosa. Il turismo ha i suoi rituali, i suoi sacerdoti e le sue messe, lo stesso continuare a salire in montagna appesi a una seggiovia per poi scendere e risalire può esser visto come una specie di pellegrinaggio” ci racconta Marius Binder, che incontriamo durante una pausa dalle prove, in un’assolata piazza Walter – solo da pochi giorni liberata definitivamente  dalle strutture del mercatino di Natale (ne abbiamo parlato qui).

Lorit guarda, non senza ambizione, alla tradizione dei mistery play medioevali e ne declina schemi e contenuti in chiave ipercontemporanea, ma senza prendersi troppo sul serio.  “La cosa che trovo geniale di questo dramma allegorico è che ogni aspetto è simbolico, anche il più piccolo gesto” continua Binder. Ma non è proprio l’utilizzo di figure allegoriche che rischia di rendere l’opera un po’ troppo pesante? “No, c’è troppo umorismo nel testo! E’ un’opera molto eclettica, anche dal punto di vista musicale. Ho impiegato la logica della musica popolare ed ho associato i caratteri a generi diversi, ad es. alla figura dell’Ultima Generazione è associato all’ukulele tipico sottofondo di certi apology video di Instagram (vedi ad es. quello di Colleen Ballinger, diventato virale per i relativi meme su TikTok, ndr) o un numero con una pick band che viene dal nulla”, spiega Binder.

Marius Binder. Foto Daniel Kastner

La musica è, secondo Binder, la lente attraverso cui leggere i cambiamenti portati dal turismo, e non solo “Quelli che mi interessava è capire come agisce il turismo sulla cosiddetta “identità tirolese”, e questo è evidente con il passaggio dalla musica popolare alpina agli Schlager, alle canzonette orecchiabili”. Quelle che in genere accompagnano tutto l’immaginario dell’ après-ski nelle baite in montagna. Un’idea di trasformazione e passaggio, che in Lorit prende forma in una struttura dinamica e performativa, per cui l’opera non sarà mai uguale a sé stessa, ma cambierà ad ogni rappresentazione “Alla conservazione preferisco l’unicità e la puoi ottenere solo con momenti irripetibili” sottolinea Binder e continua: “Per la concezione dell’opera ho lavorato più come un giardiniere che come un architetto. Ho utilizzato la struttura del genere musicale come un semento e l’ho lasciata crescere e proliferare liberamente, come un’erba selvatica”. Un lavoro intuitivo insomma, di fronte a cui al pubblico non resterà che lasciarsi sorprendere in “un mix tra musica dal vivo con l’orchestra da camera e musica elettronica, che all’inizio imiterà i suoni della natura, come il vento, e poi diventerà sempre più artificiale” spiega il compositore, che nel suo Lorit ha giocato a sovrapporre non solo i linguaggi musicali, ma anche le lingue “Ci sarà un mix tra il dialetto tirolese e l’italiano, l’inglese e l’olandese”, dice, ricordando che la maggior parte dei turisti in Tirolo vengono proprio dai Paesi Bassi. Un aspetto, questo, legato alla biografia di Binder e che in qualche modo ha ispirato il suo lavoro: “Mi farebbe piacere che l’opera venisse rappresentata in Olanda. Mio padre lavora nel trasporto feriti e l’impressione è che la maggior parte dei turisti del Benelux arrivino qui per andare a sciare e farsi male! La montagna è un luogo pericoloso e ne abbiamo perso il rispetto”.

E qui cerchiamo di tornare al “messaggio” politico dell’opera, ma Binder sa districarsi con abilità: “Certo che nel Bel Paesaggio che nel corso dell’opera si va sgretolando si può leggere un messaggio politico, basta pensare alle montagne segnate dalle strisce di neve artificiale … ma io cerco di mettere in luce quello che siamo, lo stato delle cose, senza la pretesa di insegnare niente a nessuno. Un’opera non è un medium di massa. Sono consapevole che, se avessi voluto raggiungere più persone avrei dovuto fare un film o un musical. Ma se lavori con un medium di massa devi stare a certe regole e poi non è solo una questione di quantità ma di qualità del messaggio: quello che mi interessa è spingere a riflettere”. Come ultima domanda gli chiediamo se il nome Lorit faccia riferimento alla mitica Lorelei o ad un farmaco antistaminico, come metafora dell’allergia all’overtourism… Macché. “E’ semplicemente Tirolo al contrario”. Ha un suono simpatico.

Caterina Longo

Immagine in apertura: Robert Prosser, Christine Polzer e Marius Binder, foto courtesy Lorit/ Fondazione Haydn

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