L'Europa dei mercati vista dal Brennero

Classicamente, il confine del Brennero divide due mondi: quello più ordinato e innovativo del Nord e quello più colorato, chiassoso e legato al proprio passato del Sud. Ma a guardar bene, le stesse distinzioni le troviamo ancora prima del confine, visitando due luoghi di aggregazione molto vicini e molto diversi.

Il primo è un “centro commerciale specializzato nella vendita al dettaglio di prodotti di marche famose a prezzi convenienti” ed è noto come l”Outlet del Brennero”. Ospita oltre cinquanta negozi di settanta “brand” internazionali all’interno di un edificio di oltre 10.000 metri quadri collocato nell’ultimo lembo di territorio italiano. E’ talmente a ridosso del confine di Stato, che, almeno secondo Google Maps, il suo parcheggio è ospitato in territorio austriaco.

Un chilometro più a sud, in un piazzale all’ingresso dell’abitato, ogni 5 e 20 del mese è, invece, ospitato il “Mercato tradizionale del Brennero”. Arrivarci il 5 di aprile è un po’ come fare un viaggio nel passato, ma senza esagerazioni, solo di qualche mese, come se fosse ancora gennaio. I cumuli di neve occupano i lati delle strade, i canali sono ghiacciati, il vento da nord chiude i piumini e fa alzare i baveri dei cappotti.
Nonostante tutto questo, le bancarelle sono vive e frequentate, in gran parte da tirolesi. A orecchio è difficile comprendere se sono del Nord o del Sud, ma le targhe delle auto parcheggiate fanno pensare che i clienti provengano soprattutto dall’Austria.
Molti venditori, invece, provengono da molto più lontano, soprattutto dall’Asia meridionale, ma anche dall’Africa. Come in altri mercati simili, la percentuale di venditori stranieri è consistente, soprattutto per quel che riguarda l’abbigliamento, gli stand gastronomici, invece sono tutti “autoctoni”, tutti dell’area del Tirolo storico.

A passeggio tra i due mercati

Sono le dieci di mattina, ma viste le temperature, i bratwurst sono già sulle griglie ad arrostire e chi vuole può ancora bersi un vin brulè, la primavera qui è ancora un miraggio. A passeggiare tra le bancarelle sono soprattutto famiglie: mamme, nonni e nipotini. Prima di acquistare, quasi tutti si informano sui prezzo e sui materiali, nessuno grida come alla Vucciria, ma il chiacchiericcio continuo aiuta a scaldare l’anima, soprattutto dopo due anni di pandemia. I venditori, anche quelli “extracomunitari”, passano dal tedesco all’italiano senza grossi problemi, la lingua è l’ultimo dei problemi. Col passare del tempo le temperature non cambiano molto, per questo, al terzo giro tra le bancarelle, i bratwurst diventano una necessità e piazzati dentro un panino cosparso di senape, aiutano a percorrere il chilometro verso l’Outlet con una discreta baldanza.

All’interno dell’Outlet Center Brenner, la temperatura è almeno una ventina di gradi più alta che all’esterno. Non appena entrati, le giacche si spalancano o finiscono sulle braccia, le differenze con il mercato tradizionale, ovviamente, non sono solo “climatiche”. L’Outlet è molto meno frequentato, ma è un martedì mattina, la “sfida” andrebbe fatta di sabato. I negozi sono semivuoti, mentre nei corridoi si assiste ad un discreto via vai. Le luci, l’arredamento, le poltrone e le panche lungo i corridoi, tutto è costruito per farci sentire a nostro agio, eppure non sembra funzionare.

In generale, le differenze tra i due “mercati” del Brennero sono molto più forti di quelle che si notano di qua e di là dal confine di Stato, non è una questione di nazionalità. Entrambi i mercati sono frequentati da visitatori che “vengono da fuori”, ma i due luoghi sono profondamente diversi alla vista, all’udito, all’olfatto e, soprattutto, nelle relazioni.

Probabilmente, una parte della clientela del mercato non frequenta l’Outlet, ma molti frequentano entrambi, anche se con un atteggiamento diverso. Nulla di sorprendente, il contesto è differente e ci si comporta di conseguenza. Saranno le differenze tra i venditori delle bancarelle del mercato e i commessi dell’Outlet, sarà che nei negozi ci si guarda da soli la merce e raramente si parla con i venditori, sarà che mancano gli odori di bratwurst, frittelle e vin brulè, ma l’atmosfera è decisamente diversa.
Se è concesso un paragone ardito, nel primo ci si comporta come in piazza, nel secondo è come se si entrasse in chiesa, le voci si abbassano, non si tocca tutto quello che ci piace e si sta “al proprio posto”. All’interno dell’Outlet sono presenti più coppie che famiglie, il locale più affollato è il bar di una nota marca di wafer e molti sembrano semplicemente voler far passare il tempo godendosi il riscaldamento. Fare tre giri anche all’Outlet risulterebbe inutile, ma proprio prima di uscire un ragazzo si fionda fuori da un negozio e corre sui divanetti dei corridoi per infilarsi le scarpe appena acquistate, indossa la mascherina, per cui è difficile vedere se e quanto sia felice. Sullo sfondo sventola una bandiera blu con le stelle gialle e il Brennero è un buon posto in cui pensare all’Europa.

L’Europa sullo sfondo

A distanza di un chilometro, sembrano confrontarsi due idee d’Europa differente, entrambe basate sul mercato, ma una appare nettamente più aperta, viva e attraente dell’altra. Quello “open air” è collocato in un territorio preciso con pregi e difetti, l’altro appare più ricco e accogliente, è riscaldato e ha la musica “soft” in sottofondo, ma potrebbe essere ovunque.

Riflettendo su quale Europa sia preferibile, si torna alla stazione e ai suoi grandi edifici abbandonati. Le persone in attesa del treno sono pochissime, un addetto delle pulizie di origine africane si allaccia una scarpa appoggiandosi a un treno merci in sosta, poi si dirige verso un anziano che si è appoggiato a un muretto per riposarsi, la valigia sembra essere troppo pesante per lui.
Gli spiega, in italiano, che a pochi metri di distanza c’è una panchina su cui può sedersi in attesa del treno, l’anziano lo manda via in modo sgarbato, gli fa capire, in tedesco, che non ha intenzione di dargli un soldo. L’addetto alle pulizie alza le spalle sconsolato e se ne va.

Massimiliano Boschi

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