L'Alto Adige e la mobilità a idrogeno: sicuri che sia la via giusta?

Quella tra l’idrogeno e la mobilità in Alto Adige è una “storia d’amore” ormai lunga, che compie proprio quest’anno i 10 anni. I primi autobus ad idrogeno sono infatti entrati nel servizio di linea SASA dalla fine del 2013 – non a caso l’azienda di trasporto pubblico altoatesino si vanta di essere stata la prima, in Italia, ad avere autobus H2. Ma sull’idrogeno l’Alto Adige sta puntando in maniera sistematica e strutturale: nel 2020 la provincia ha approvato un piano generale per l’idrogeno, la cui attuazione mirerebbe a ridurre le importazioni di combustibili fossili di circa 550 milioni di euro all’anno entro il 2030; il progetto Brenner Green Corridor, approvato l’estate scorsa prevede, tra l’altro, di trasformare l’asse del Brennero, che collega Monaco a Modena, in un corridoio biologico (zero emissioni) con stazioni di rifornimento a idrogeno lungo tutta la tratta. Non solo: all’interno del progetto della Comunità Comprensoriale della Val Venosta, che riceverà circa 4 milioni di euro dal PNRR, è prevista, oltre alla creazione di una comunità energetica per gli edifici pubblici, anche la costruzione di un impianto pilota come distributore di idrogeno.

Il ministero: “Gli investimenti nell’idrogeno potrebbero rivelarsi non competitivi”

Insomma, l’idrogeno sembra essere la panacea per un futuro a zero emissioni e all’insegna della sostenibilità. Ma è veramente così? Martin Sulser, ingegnere energetico ed ambientale dell’associazione “Klima Club Südtirol” è convinto che l’idrogeno non sia sempre la soluzione ideale  per ogni applicazione. Anche se, come tutti i problemi complessi, la risposta non è mai assoluta. Lo abbiamo contattato per farci spiegare il perché. “L’idrogeno rappresenta senza dubbio la speranza del futuro. Occorre ricordare però che l’idrogeno non è una fonte di energia primaria, ma un vettore energetico. Quindi, l’idrogeno deve essere a sua volta prodotto con processi energivori, che richiedono altra energia rinnovabile, come ad es. energia idrica, solare o eolica. Se ragioniamo su un futuro di energie al 100% verdi, è difficile pensare di riuscire a produrre tutta l’energia in Europa. Privilegiare l’idrogeno verde oggi rispetto all’elettrificazione del riscaldamento degli edifici con pompe di calore e della mobilità porterà paradossalmente a un’ulteriore dipendenza dai combustibili fossili, che a sua volta metterebbe a rischio gli obiettivi climatici” sottolinea Sulser, mettendo in luce i vantaggi dei veicoli totalmente elettrici rispetto a quelli alimentati ad idrogeno: “Inoltre, se guardiamo alla mobilità, il confronto tra il rendimento delle batterie nelle macchine elettriche è circa tre volte superiore rispetto a quello dei veicoli ad idrogeno. Anche in questi ultimi c’è una batteria, che spesso ha ca. il 20% di capacità rispetto a quella di una macchina tutta elettrica”, continua Sulser facendo riferimento anche al quadro nazionale.
Secondo il documento “Decarbonizzare i trasporti. Evidenze scientifiche e proposte di policy ” del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili, infatti “le celle a combustibile, che trasformano l’idrogeno in energia elettrica per alimentare il motore elettrico del mezzo, hanno… una resa energetica complessiva del sistema dell’ordine del 35%, sempre assai inferiore ai sistemi totalmente elettrici“. Le criticità riguardano anche i sistemi di accumulo, stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno, che richiedono standard di sicurezza elevati. Non solo: l’intero processo di produzione dell’idrogeno è soggetto a perdite. Lo stesso documento nazionale, pochi paragrafi più avanti, precisa infine che “Altri investimenti quali, ad esempio, una eventuale rete di distribuzione dell’idrogeno per i trasporti, specialmente se effettuati con denaro pubblico in deficit o se pagati dai consumatori, vanno ben ponderati a causa dell’alto rischio di rivelarsi non necessari o competitivi rispetto ad altre opzioni tecnologiche”.

Quando l’idrogeno risulta vantaggioso

“L’idrogeno rimane comunque importantissimo. Ci tengo a sottolineare che l’idrogeno servirà, ad esempio, anche per lo stoccaggio dell’energia elettrica stagionale, considerando i diversi picchi di produzione tra estate ed inverno” continua Sulser, sottolineando che “queste interrelazioni non portano a un discorso sul fatto che in generale l’uso di idrogeno o quello della batteria sia più sensato, ma piuttosto, a seconda del campo di applicazione, entrambi lo siano.  Un’espansione dell’economia dell’idrogeno ha molto senso per l’industria siderurgica e chimica, per la navigazione, per il trasporto aereo e forse per il trasporto a lunga distanza“. Questo perché  in queste applicazioni l’utilizzo delle batterie non è fattibile, a causa della densità energetica delle batterie stesse. “Semplificando” spiega Sulser” non è possibile stoccare tutta l’energia che serve ad una nave in una batteria, perché ne occorrono quantitativi enormi “. In particolare, l’idrogeno trova applicazione nella produzione di ghisa, nell’industria dei fertilizzanti e in quella chimica, in cui si utilizza idrogeno fossile, prodotto da gas metano”. Infine, un discorso a parte va fatto per quei paesi in cui la produzione di energia a kw/h è meno costosa e di conseguenza anche i costi di produzione dell’idrogeno vanno a calare. “Il futuro non è del petrolio, ma di quei paesi che hanno molta superficie a disposizione, sono esposti al vento e al sole e sono vicini alle coste, come Africa, Sudamerica e Arabia ”, conclude Sulser.

Immagine in apertura: foto courtesy ASP/SASA

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