Taglio dell'Iva e crisi del mercato dell'arte: parola alle gallerie

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Bolzano. Un “provvedimento storico”. Così è stata definita da più parti  la riduzione dell’aliquota Iva al 5% per la vendita di opere d’arte in Italia decisa dal Ministero della Cultura. La misura contenuta nel Decreto-Legge n. 95 e approvata non senza un’ondata di piacevole sorpresa a fine giugno, era stata richiesta da tempo dagli addetti ai lavori. In particolare, il consorzio Apollo, l’associazione che riunisce, gallerie d’arte, antiquari, collezionisti, imprese della logistica d’arte e case d’asta di tutta Italia, aveva lanciato l’allarme: l’Italia rischiava infatti di trovarsi di fronte a una netta posizione di svantaggio di fronte a paesi come la Germania e la Francia che, recependo una direttiva Europea, da inizio 2025 avevano abbassato l’Iva per la vendita di opere d’arte rispettivamente al 5,5% e al 7%.
Il nuovo provvedimento ha letteralmente ribaltato la situazione, con l’Italia che ora si trova in una posizione competitiva grazie ad un’aliquota Iva per le opere d’arte più bassa d’Europa. Tutto ciò però, lo ricordiamo, in un momento complesso e difficile per il mercato dell’arte a livello internazionale, che è tendenzialmente in crisi: nello scorso 2024 si sarebbe registrato, secondo The Art Basel and UBS Global Art Market Report 2025 un calo dei valori del 12%, mentre anche il primo semestre del 2025 confermerebbe il trend negativo con un calo ulteriore del -7,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, come evidenziato dal report annuale “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione 2025″ presentato da Deloitte Private a Roma lo scorso luglio.

Di riduzione dell’Iva e crisi del mercato abbiamo parlato con due gallerie altoatesine, che si muovono al confine tra più realtà e contesti nazionali e internazionali: la Galleria Doris Ghetta con sede a Ortisei e Milano e la Galleria Alessandro Casciaro  di Bolzano, che ha una sede anche a Venezia.
Iniziamo cercando di capire la portata della misura: secondo uno studio Nomisma la mancata riduzione dell’IVA sarebbe stata un grave danno per le gallerie, con una possibile riduzione del fatturato fino al 28% e oltre. È veramente così?

“Assolutamente sì” ci rispondono Eleonora Castagna e Doris Ghetta, direttrici dell’omonima Galleria. “Il sistema italiano era tra i più penalizzanti in Europa e rischiava di mettere in seria difficoltà non solo le gallerie di piccole e medie dimensioni, ma anche quelle più grandi, con la possibilità concreta di spostare le attività all’estero. Una contrazione di quel livello avrebbe significato meno investimenti nella produzione, meno fiere internazionali e meno opportunità per gli artisti” e, sottolineando il ruolo culturale delle gallerie, precisano “Va ricordato che le gallerie di primo mercato, soprattutto nel contemporaneo, non fanno solo commercio: reinvestono in ricerca, sostengono la produzione e danno visibilità alle nuove generazioni di artisti”.

Installation view della mostra Transfigurations: Matter, Identity, Mutation svoltasi dal 23 maggio al 21 giugno 2025 alla Galleria Doris Ghetta, Ortisei. Foto: Tiberio Sorvillo. Opere di Michael Fliri and Judith Neunhäuserer.

Sulla stessa linea anche l’esperienza di Alessandro Casciaro, che però precisa “avremmo avuto problemi soprattutto in certi mercati, in cui la riduzione è stata applicata immediatamente, come la Francia e la Germania. E’ una questione con cui mi sono confrontato, se una galleria tedesca rappresenta i tuoi stessi autori si crea uno squilibrio. Ma non credo sia l’unico problema perché ci sono altri fattori: è un periodo storico difficile in cui il mercato sta risentendo di un’economia che va a rilento”.

La collettiva “Works on Paper” alla Galleria Alessandro Casciaro, Bolzano (svoltasi dal 05.06-30.08.2025)

La crisi è evidente, come sottolineano anche dalla Galleria Ghetta: “Nell’ultimo anno si è parlato spesso di crisi del mercato dell’arte e persino di collasso: gallerie internazionali come CLEARING e Blum hanno chiuso, segno che le difficoltà non riguardano solo le realtà più piccole. Detto questo, l’arte non è un contesto isolato: riflette gli stessi cicli economici che vediamo in altri settori, come quello immobiliare, così come già accaduto nel 2008 o nel 2001. Le tensioni geopolitiche e i dazi incidono sulla fluidità degli scambi internazionali, ma allo stesso tempo l’arte rimane per molti collezionisti sia un ambito di investimento che uno spazio di riflessione culturale irrinunciabile”.

Riduzione dell’Iva: “ci vorrà tempo per sentire i benefici”

Ma i benefici della riduzione dell’Iva in Italia si sentono già? Le gallerie non hanno dubbi, anche se ci vorrà tempo: “Sì, i benefici ci sono e iniziano già a farsi sentire, seppure gradualmente. Il primo risultato positivo è un rinnovato slancio per tutto il settore, che ha accolto la misura con entusiasmo e maggiore fiducia nel futuro. Non è un cambiamento immediato, ma ha già eliminato una barriera che per anni aveva limitato molti acquirenti, soprattutto italiani, spingendoli a rivolgersi all’estero” ci dicono dalla Galleria Ghetta. Positivo, ma più cauto Casciaro: “Vede, se c’è una crisi che riguarda tutto il potere d’acquisto e non si vogliono spendere soldi si può anche mettere l’Iva a 0 ma non si spende … Però questa nuova disposizione è stata accolta da me e da tanti miei colleghi e colleghe con grande piacere perché ci rimette in competizione con partner europei. Per sentirne gli  effetti positivi ci vorrà del tempo, si stima un periodo di tre anni, dice. E, a proposito delle contestazioni sul fatto che l’Iva sia stata ridotta per la vendita di opere d’arte ma non per altri beni essenziali come ad esempio gli assorbenti, aggiunge: “E’ fondamentale far capire all’opinione pubblica che non si tratta di un privilegio per beni di lusso, ma di un ragionamento su un mercato e una filiera che, se stimolata produrrà a catena un ritorno economico importante, ed un extra plus con cui finanziare altre riduzioni su beni di natura primaria”.

Attenzione a pensare solo ai vantaggi per il mercato, e non per le persone. “Spesso si guarda alla riduzione dell’Iva solo come a un vantaggio per le gallerie, ma in realtà la ricaduta più significativa riguarda gli artisti e le artiste. Una fiscalità più equilibrata significa permettere loro di vivere del proprio lavoro e di continuare a produrre nuove opere. In un contesto in evoluzione ma anche incerto come quello attuale, la possibilità di dare continuità alle carriere delle giovani generazioni di artisti è forse l’aspetto più importante di tutta questa riforma” ci dice la Galleria Ghetta, “l’Iva può avere un bell’impatto su giovani emergenti e fare la differenza” aggiunge Casciaro.

Un mercato in crisi, gli altri incentivi possibili

Ma ci sono altre misure a livello legislativo (sia nazionale che provinciale) che potrebbero facilitare il mercato dell’arte e quindi la promozione degli artisti e delle artiste giovani e non?  “A livello sia nazionale che provinciale sarebbe importante introdurre incentivi fiscali per l’acquisizione di opere tramite le gallerie, seguendo modelli già attivi in Austria, e riconoscere il loro ruolo non solo commerciale ma anche culturale. In diversi Paesi europei esistono strumenti che vanno in questa direzione: in Germania alcuni Länder finanziano direttamente le gallerie che sostengono artisti emergenti, nei Paesi Bassi fondi pubblici incentivano le acquisizioni attraverso le gallerie per arricchire le collezioni istituzionali e nei Paesi scandinavi esistono programmi che prevedono l’acquisto di opere destinate a collezioni pubbliche, con un impatto positivo sull’intero ecosistema dell’arte contemporanea” ci risponde la Galleria Ghetta.
Casciaro punta il dito sull’aspetto burocratico della vendita delle opere d’arte e sulla circolazione: “già questo della riduzione dell’Iva è stato un grande passo e la velocità con cui è stato realizzato è veramente una sorpresa. Ora si prevede anche di intervenire anche sull’aspetto che riguarda la movimentazione delle opere d’arte all’interno della comunità europea per sburocratizzare situazioni paradossali e ottocentesche – ricordo che serve il benestare della Soprintendenza anche per autori contemporanei, e tra le lungaggini burocratiche si rischia di giocarsi le vendite, a me personalmente è capitato” ci racconta.
Guardando al futuro, torna il tema dell’incertezza, che si riflette anche sulle scelte dei collezionisti “Notiamo una crescente attenzione verso pratiche artistiche legate ai temi ambientali, sociali e identitari, segno che in un momento di instabilità l’arte viene percepita anche come strumento di lettura e resistenza. Forse è proprio questo il momento per accettare la fase di riorganizzazione in corso e ridefinire insieme cosa significhi “sostenibilità” nel nostro settore, soprattutto per le gallerie più piccole e per gli artisti emergenti” conclude la Galleria Ghetta.

Caterina Longo

Immagine in apertura: Foto di iSAW Company su Unsplash

 

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