Italo, Moby e il porto di Amburgo. Lo shopping di Msc secondo Federico Boffa

Msc sta per “Mediterranean Shipping Company” , un nome e una sigla che la maggior parte degli italiani collega alle crociere. Da qualche settimana, però, anche i non addetti ai lavori si sono accorti che la società di proprietà di proprietà della famiglia Aponte è anche, e soprattutto, la prima compagnia di gestione di linee cargo a livello mondiale.
Una presa di coscienza figlia dello straordinario “shopping” di fine estate di Msc, Di seguito, in sintesi, il “carrello” della società svizzera: Il 31 agosto scorso è stato reso noto che Msc è in procinto di acquistare la compagnia ferroviaria Italo, Non sono note le cifre precise dell’operazione, ma Msc punta a ottenere almeno il 51% delle azioni della società fondata e presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, un’azienda valutata complessivamente attorno ai 4 miliardi di euro.
Sei giorni dopo, il 6 settembre veniva annunciata l’acquisizione da parte di Msce del 49% del capitale della compagnia di navigazione Moby, mentre il 13 settembre veniva ufficializzato il “colpo” più grosso:  l’Opa di Msc per l’acquisto del 49,9% delle azione di Hhla (Hamburger Hafen und Logistik) società che gestisce tre dei quattro terminal container nel porto di Amburgo. Una società detenuta al 69% dalla città di Amburgo. Quest’ultima operazione ha scatenato un discreto putiferio in Germania e i media tedeschi la stanno seguendo con grande attenzione. Non si può dire lo stesso per l’Italia, nonostante l’operazione avrà effetti anche nel nostro paese, visto che Hhla controlla uno dei due terminal container del porto di Trieste, l’altro è già di Msc all’80%.
Restando nella città giuliana, si segnala anche il “battesimo” della Msc Nicola Mastro, la porta container della Mediterranean Shipping Company lunga 399 metri, larga 61,5 con un pescaggio a pieno carico di 17 metri e una stazza lorda di 230.757 tonnellate. La nave più grande mai attraccata a un porto italiano, in grado di imbarcare oltre 49.000 automobili o 16.000 Tir.

La valutazione di Federico Boffa

Per comprendere meglio dimensioni ed effetti, economici e politici, di questo costosissimo shopping, abbiamo chiesto “lumi” a Federico Boffa, docente di Economia Industriale di Unibz. Nel farlo, siamo partiti dall’acquisizione che ha fatto più “rumore”, almeno in Germania, quella relativa al porto di Amburgo. “E’ un’operazione che appare ragionevole e sensata – premette Boffa – . Chi possiede delle navi ha ovvi e legittimi interessi nell’acquisire porti, è quello che in gergo economico chiamiamo integrazione verticale. Il Covid ha reso evidenti alcune problematiche nella filiera dei trasporti e molti si sono resi conto che poteva risultare intelligente mettere insieme servizi e infrastrutture per gestire al meglio logistica e imprevisti. Inoltre, non va dimenticata la straordinaria ripresa dei servizi di trasporto dopo la pandemia che aveva causato il blocco delle merci, che ha rafforzato gli operatori del trasporto marittimo, evidenziando peraltro un collo di bottiglia: la mancanza di navi”.

E questo spiega l’Opa su Hhla e il “battesimo” della Nicola Mastro. Ma Moby e Italo? 

Sono acquisizioni che appaiono razionali e che coinvolgono fondi di investimento già alleati di Msc. Immagino siano operazioni figlie di una nuova scelta strategica che intende perseguire la complementarietà tra navi e treni, utilizzando il know how accumulato nel trasporto di merci, nonché nel settore delle crociere.

Ma sono operazioni che hanno anche una forte valenza politica e riguardano settori strategici. In Germania sembrano preoccupati, in Italia?

In Italia l’informazione si occupa relativamente poco di questo tipo di operazioni, nonostante la loro importanza, forse perché non sono notizie che suscitano emozioni. Personalmente non vedo grandi rischi, ma, ovviamente, esiste un problema di regolamentazione. Msc non dovrà poter sfruttare la sua posizione “dominante”. Come sempre, é indispensabile una buona regolamentazione per evitare abusi e garantire la concorrenza. Per altro, Msc é da criteri economici, non da obiettivi politici. Capirei se il porto di Amburgo venisse preso in gestione da imprese di proprietà di governi stranieri, come il caso dell’impresa statale cinese Cosco che controlla il porto del Pireo, ma questo è un caso molto diverso.

Massimiliano Boschi

Nell’immagine di apertura: il porto di Amburgo (Foto Venti3)

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