Invecchiare sì, ma bene: reddito, welfare e verde urbano, così si influenza la salute

“How does the environment affect human ageing? An interdisciplinary revie” è il titolo di un articolo scientifico recentemente pubblicato sul Journal of Gerontology and Geriatrics dai ricercatori Unibz Barbara Plagg e Stefan Zerbe. Lo studio mirava ad analizzare lo stato dell’arte della ricerca scientifica sui processi di invecchiamento, i quali sembrano essere fortemente influenzati dall’ambiente circostante. I due ricercatori citano un dato interessante nella loro ricerca: la differenza in longevità fra diversi gruppi di persone può essere ricondotta solo per il 25% dei casi al patrimonio genetico dell’individuo, mentre il 75% è da ricondurre all’interazione con l’ambiente. A causa della complessità di questa interazione, le precise modalità con cui l’ambiente è in grado di influenzare il nostro sistema biologico non sono ancora pienamente conosciute. Tuttavia, nel tempo sono stati identificati e isolati diversi fattori che possono influenzare il processo di invecchiamento.

L’ambiente in questo contesto non è da intendersi solo come lo spazio fisico all’interno del quale l’individuo vive, ma bensì come un complesso sistema in cui si intrecciano anche fattori sociali ed economici. Dalla ricerca emerge quindi un tema importante per la sua attualità: quello dell’equità sanitaria. In una società dove il gap fra ricchi e poveri è in continuo aumento è inevitabile che all’interno dello stesso spazio fisico, per esempio una regione, la speranza di vita non sia distribuita in modo omogeneo. È Barbara Plagg a sottolineare come le statistiche dimostrino che la popolazione più ricca vive circa 8-10 anni più di quella più povera. Ciò vale anche per l’Alto Adige.

Barbara Plagg

Barbara Plagg

 

La ricerca evidenzia poi anche un importante influsso dell’ambiente circostante sulla nostra salute, quest’ultimo inteso proprio come lo spazio fisico in cui viviamo. Questo argomento è diventato ancora più importante dal momento che in Europa più del 60% della popolazione vive in ambiente urbano. La città è un luogo artificiale creato dall’uomo per facilitare la sua sopravvivenza tramite una fitta rete di servizi e infrastrutture, tuttavia, nella ricerca si ricorda che l’uomo possiede anche una naturale preferenza biofilica. Come conseguenza di ciò vi è quindi la necessità di porre particolare attenzione al verde urbano che non è quindi solo ristorativo per il suo valore estetico, ma anche per la sua influenza positiva sulla riduzione dello stress causato dalla quotidianità caotica della città. “L’individuo può modificare da solo il suo stile di vita prestando attenzione all’alimentazione, praticando attività sportiva e tessendo relazioni sociali ma l’ambiente, spesso caratterizzato dallo spazio urbano, è in gran parte aldilà della sua influenza diretta. La rassegna che abbiamo realizzato dimostra che gli spazi verdi urbani, frutto di un’accurata pianificazione, e la riduzione della polvere e del rumore possono abbassare i livelli di stress. Ciò, a sua volta, può rallentare il processo di invecchiamento”, spiega Stefan Zerbe.

 

Stefan Zerbe

Stefan Zerbe

 

Spesso il limite più grande ad una vita sana è la condizione economica dell’individuo, soprattutto in territori come l’Alto Adige dove il costo della vita è alto. Dal suo punto di vista quanto è importante il ruolo del welfare locale per rendere accessibile a tutti i cittadini una vita più sana e di qualità?

Plagg: Lo stato sociale ha un ruolo importante in questo contesto, in quanto le decisioni sulla salute possono essere prese solo in una certa misura dalle persone stesse – il resto sono decisioni di natura politica. Per fare un esempio, se come individuo mi impegno a perseguire una vita salutare al massimo delle mie possibilità, ma non ho sufficienti risorse economiche per accedere a cibo biologico di qualità, devo fare un lavoro spossante e mal pagato, oppure devo respirare aria inquinata perché le case nelle zone trafficate sono più economiche, allora c’è poco che io possa fare come individuo per migliorare queste circostanze. La salute di una popolazione dipende direttamente da una buona pianificazione urbana, oltre che rurale, dalla facilità di accesso ai servizi sanitari, dal grado di sviluppo dell’assistenza sanitaria primaria e dal modo in cui sono distribuite le risorse. Quello che bisogna dire molto chiaramente è che finché il denaro, la proprietà privata, il potere e le risorse in generale sono distribuiti in modo eterogeneo, le persone non potranno avere le stesse opportunità e di riflesso anche salute e aspettativa di vita ne risentiranno. Per questo la distribuzione eterogenea delle risorse deve essere combattuta a livello nazionale e locale dalle istituzioni competenti.

Nella vostra ricerca evidenziate il ruolo positivo del verde urbano per la riduzione dello stress. Secondo la sua opinione, la città di Bolzano potrebbe essere vista come un esempio di un’integrazione riuscita del verde in ambiente urbano?

Zerbe: Alla domanda se Bolzano sia un esempio riuscito di pianificazione del verde urbano sostenibile, si deve rispondere chiaramente con un secco no! La situazione complessiva del verde urbano di Bolzano è decisamente positiva se si considera l’intera area cittadina comprensiva dei terreni agricoli ancora disponibili e delle aree verdi private. Nei luoghi pubblici e soprattutto in centro città, però, il verde urbano è spesso solo “verde alibi” senza tanti servizi ecosistemici per i cittadini e i visitatori delle città. Per esempio, in Piazza Domenicani e nella parte settentrionale di Piazza Mazzini cercherete invano ombra e piacevole refrigerio in estate. La piazza del tribunale è un deserto di calura estiva. Sfortunatamente, in Piazza Università è stata persa l’opportunità di sviluppare un concetto di verde che tenesse conto delle necessità sanitarie e sociali della popolazione. Anche qui l’ombra scarseggia in estate. C’è ancora molta strada da fare per descrivere Bolzano come un esempio modello di pianificazione del verde urbano. Qui è necessario un cambio di paradigma per passare da “alibi green” ad un “urban greening” veramente sostenibile per il benessere e la salute della popolazione.

Ad oggi, secondo il suo parere, le istituzioni danno il giusto peso ad aspetti apparentemente secondari, come per esempio il verde pubblico, oppure c’è ancora strada da fare?

Plagg: Certamente c’è ancora molta strada da fare prima che una sana pianificazione urbanistica possa diventare una cosa abituale anche in Alto Adige. Purtroppo, gli interessi economici sono spesso diametralmente opposti agli aspetti di tipo sanitario, e questo è un problema in Alto Adige come in ogni altro posto. In questo contesto bisogna trovare una sana via di mezzo. È anche ingannevole pensare che qui viviamo in un “ambiente sano” grazie alla sola presenza delle nostre montagne e foreste. Infatti, anche in Alto Adige possiamo trovare tossine nell’aria, nel suolo e nelle piante, abbiamo situazioni di povertà, condizioni di lavoro e abitative malsane. Ciononostante, avremmo anche l’opportunità – se spingesse di più a livello politico – di espandere il settore della sanità pubblica e garantire di conseguenza una vita migliore e più sana per tutti.

Axel Baruscotti

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