Il Natale in Alto Adige e la passione per gli "unsustainability days"

Lunghe code di auto in autostrada, sulle statali e in città e luoghi “patrimonio dell’Unesco” invasi da migliaia di auto. A tre mesi dai Sustanibility days, l’Alto Adige/Südtirol ha mostrato il suo reale volto: quello di un polo dell’intrattenimento per annoiati consumatori in cerca di sfondi suggestivi.
Le giornate del ponte dell’Immacolata sono solo la dimostrazione più evidente di quanto l’attenzione alla sostenibilità sia solo un’operazione cosmetica. Il mercatino di Natale allestito sulle rive del Lago di Carezza ne è  l’esempio più clamoroso. Code chilometriche di auto arrampicate su strade che attraversano luoghi consacrati come “Patrimonio dell’umanità”.
Il presidente del Cai Alto Adige, Carlo Alberto Zanella, ha duramente polemizzato con il mercatino di Carezza definendolo un “evento senza senso,  una manifestazione che di sostenibile ha ben poco, se non per l’economia”. Non era difficile immaginarselo, eppure è stato presentato come un “green event” mostrando tutta l’ipocrisia di cui è capace l’Alto Adige/Südtirol.
I mercati si sono sempre formati nei luoghi di passaggio, molte città sono sorte proprio attorno a quei mercati, spostarli a Carezza e in luoghi simili, quindi, non solo non ha nulla a che fare con le tradizioni, ma è del tutto innaturale.
Non è nemmeno più una questione di opinioni, eventi di questo tipo non sono più sostenibili, non solo dal punto di vista ambientale. Le strade, i parcheggi e il servizio di trasporto pubblico sono andati in tilt, a Carezza come a Bolzano, figli di eventi totalmente fuori contesto, innaturali, letteralmente “osceni”. Al di là della sostenibilità ambientale e delle emissioni di Co2 che, comunque, sarebbe interessante quantificare.
Inevitabilmente, le bacheche social dei cittadini altoatesini, così come le caselle di posta delle redazioni dei giornali sono oggi piene di lamentele e proteste per quanto avvenuto nei giorni del ponte dell’Immacolata.
Centinaia di persone si sono ritrovate al freddo a respirare i gas di scarico di migliaia di auto nell’attesa di bus che non sono mai passati o che non sono stati in grado di far salire chi attendeva. I dettagli relativi alla situazione attorno al lago di Carezza ce li ha inviati M. una nostra lettrice che desiderava passeggiare sulla neve in occasione della giornata dell’Immacolata.

Le auto incolonnate mentre rientravano dal Lago di Carezza

Ecco il suo racconto : “Alla fermata del bus per Bolzano ci sono più di cinquanta persone infreddolite in attesa, che si respirano i fumi di scarico del flusso di macchine, la strada è bloccata in entrambe le direzioni, come un’ora e mezza prima. Con un leggero ritardo arriva il 180 delle 17 da Vigo di Fassa, e la gente si accalca verso gli ingressi. L’autista allarga le braccia per bloccare la porta anteriore, dicendo che non può far salire nessuno se prima non conta quanti posti liberi ha. Ad occhio, pochi. Una trentina di passeggeri sono già dentro. ‘Siamo qui dalle quattro!’ urla qualcuno. Qualche bambino piccolo piange, il nervosismo non accenna a calare, mia mamma ed io ce la filiamo. Riattraversiamo il parcheggio – sempre pieno – e percorriamo il sentiero fino alla fermata ‘Paolina’, vicino all’omonima seggiovia. Il piano è semplice e geniale: evitare il collo di bottiglia del lago prendendo il bus che porta a Tires, e da lì scendere a Bolzano. Quando leggiamo gli orari, però, arriva la sorpresa: nei periodi in cui è in funzione il nuovo impianto a fune monstre e di proprietà privata che dalla valle di Tires porta alla zona sciistica sotto il Catinaccio, il bus pubblico non è in funzione. Il servizio pubblico è sospeso perché i privati possano rientrare dall’investimento che in moltissimi gli hanno chiesto di non fare per ovvi motivi di impatto paesaggistico. Anche del bus delle 18.03 non c’è traccia, la temperatura è di cinque gradi sotto zero ed essendo all’aperto dalle 11, io e mia mamma cominciamo a tremare e decidiamo di riparare in un bar, puntando tutto sul 180 delle 19.03. L’app di Alto Adige mobilità lo segnala regolarmente (come del resto quello delle 18.03, mai visto, e quello delle 20.03, che è però oltre la nostra soglia di resistenza). Le luci più vicine sono quelle di un hotel, mi affaccio senza appoggiare gli scarponi oltre il tappetino, spiego la situazione e mi viene risposto, molto cortesemente, che il bar è riservato ai clienti dell’hotel, ma che all’arrivo del Paolina c’è lo “Snack bar”. Andiamo lì, ci scaldiamo un po’, e dai vetri del bar tengo gli occhi fissi sulla fermata del bus. Non passa niente, ma almeno il traffico si snellisce. Dopo quattro ore di colonna ininterrotta in entrambe le direzioni, per più di quattro chilometri e un numero incalcolabile di veicoli accesi con conseguente inquinamento acustico, luminoso e atmosferico, la sera sembra riprendersi la sua quiete. Alle 18.55 lasciamo il bar e ricominciamo l’attesa alla fermata. 19.03. Niente. 19.10. Niente. Le luci di passaggio sono sempre e soltanto quelle delle automobili. Ai 15, con addosso un freddo indescrivibile, comincio a fare l’autostop. Non si ferma nessuno. 19.20, gettiamo la spugna e chiamiamo qualcuno che salga a prenderci da Bolzano. Ritorniamo allo ‘Snack Bar’, che da lì a poco comincerà a chiedere di saldare il conto, perché è ora di chiusura. Nel frattempo guardo dai vetri: da Vigo nessun autobus in arrivo. Verso le 20 il colpo di scena: arrivano due bus che viaggiano attaccati, ma da Bolzano. Si girano alla nostra fermata, e ripartono in direzione del lago. Poco dopo arriva mio papà in auto, ci carica su e ci dice che al lago alla fermata del bus ci sono più di duecento persone che aspettano. In effetti l’ultimo bus a passare è stato quello, già mezzo pieno, delle 17.03. Ha dato un’occhiata al termometro dell’auto, mentre passava davanti alla fermata del lago. Segnava -3,5 gradi”.

Il privato vince sul pubblico e i soldi sono più importanti dell’ambiente. Non è una novità e non vi sono segnali di cambiamento. A Carezza sembrano aver rapidamente dimenticato Vaia, eppure i segni sono ancora evidenti. Circoscrivere il problema a Carezza sarebbe, però, poco lungimirante, perché nelle passate giornate il traffico era semiparalizzato ovunque, in autostrada, sulle statale, sulle provinciali e in città. Logica conseguenza di politiche che puntano decisamente sui mercatini di Natale per attirare in Alto Adige una gran massa di turisti soprattutto italiani. Persone che vengono in Alto Adige unicamente per fare shopping open air, un diritto tutelato come nessun altro, come la cronaca dimostra quotidianamente. Ma soprattutto, dopo giornate come quelle dello scorso Ponte dell’Immacolata, ci si domanda con quale faccia l’amministrazione Pubblica, ogni amministrazione pubblica, potrà chiedere agli altoatesini eventuali sacrifici in nome della sostenibilità.
Un territorio interamente “turistizzato”, in cui da tempo si è superata una soglia fisiologica, quella per cui i turisti non usufruiscono più di servizi e prestazioni pensati per i residenti, ma al contrario i residenti sono costretti a usufruire dei servizi pensati per i turisti. Chi possiede funivie e stanze da affittare è probabilmente felice, gli altri si possono godere gli unsustainability days. 

Massimiliano Boschi

Immagine di apertura: Il mercatino di Natale di Carezza presentato come “Green Event” sul sito eggental.com

 

 

 

 

 

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