I germi antibiotico resistenti uccidono 33mila persone all'anno in Europa. 11 mila solo in Italia. E in Alto Adige?

Salute. Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, le infezioni da germi antibiotico-resistenti causano circa 33 mila decessi all’anno in Europa, un terzo di questi in Italia, primo paese a livello continentale. Complessivamente, l’antibiotico-resistenza rappresenta una delle principali minacce alla salute pubblica, e, secondo le stime, potrebbe causare la morte di 10 milioni di persone all’anno entro il 2050. Come sottolineato dal Ministero delle Salute: “Un uso eccessivo e/o non corretto di antibiotici, nel campo umano e veterinario, come anche in agricoltura, favorisce l’insorgenza e la diffusione di ceppi batterici resistenti a questi farmaci. L’antibiotico-resistenza è in aumento in molti Paesi, rendendo problematica la terapia di molte infezioni, ed è aggravata anche dalla mancanza di nuovi antibiotici in commercio o in fase di sperimentazione, che risultano efficaci nel trattamento di infezioni altrimenti incurabili. Le infezioni causate da microrganismi resistenti, non rispondendo al trattamento standard, portano ad un prolungamento della malattia, all’insorgenza di possibili complicazioni e ad un maggiore rischio di morte. Riducendo l’efficacia del trattamento, inoltre, i pazienti rimangono contagiosi per un tempo più lungo, aumentando il rischio di diffondere microrganismi resistenti generando, quindi, possibili focolai epidemici”.
Per comprendere meglio le dimensioni del problema, in Italia e in Alto Adige, abbiamo incontrato Leonardo Pagani responsabile della Unità Operativa semplice “Antimicrobial Stewardship” presso la UO di Malattie Infettive dell’Ospedale di Bolzano e Project Lead Aziendale per il buon uso della terapia antibiotica e contrasto alle resistenze. Pagani è anche responsabile provinciale della formazione per il Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025 e le sue prime parole non sono particolarmente rassicuranti: “Per quel che riguarda la cosiddetta antimicrobico resistenza: in Italia siamo messi malissimo, siamo in una situazione drammatica e allo stesso livello di Romania, Grecia e Paesi Balcanici in generale. Tendenzialmente in Europa Settentrionale la situazione è migliore, ma ogni anno in Europa muoiono 33.000 persone per infezioni correlate all’assistenza di germi multiresistenti, un terzo in Italia”.

La pandemia ha inciso sulla diffusione di ceppi batterici resistenti agli antibiotici?

La pandemia Covid 19 ha inciso perché nella fase iniziale, quella in cui i pazienti morivano, ma non si conosceva il “nemico”, spesso si sono utilizzati antibiotici anche se sono risultati inutili. Questo ha generato conseguenze che persistono perché ha finito per distruggere la pianificazione sull’uso degli antibiotici e ha reso ancora più difficile la gestione dei sempre più diffusi batteri resistenti.

La Provincia di Bolzano registra le percentuali più basse di tutte le Province/Regioni italiane riguardo ai batteri resistenti agli antibiotici (*). Frequentemente le prevalenze di resistenza sono al di sotto delle medie europee, come si sono raggiunti questi risultati?

Innanzitutto con scelte precise fatte venticinque anni fa, tra cui la collaborazione con il nostro meraviglioso laboratorio di microbiologia che ha un solo difetto, dista cinque chilometri dall’ospedale di Bolzano. Possiamo dire di essere un’isola super felice nota non solo a livello europeo. Un paio di dati possono essere utili a comprendere il valore del lavoro svolto in questi anni.

Prego…

In Sicilia è stato registrato il 60% di un ceppo di batteri gram negativi resistenti anche agli antibiotici di ultima generazione, 60 ceppi su 100 non sono curabili con i farmaci, bene in Alto Adige ne abbiamo registrati 5. Non 5%, 5 in totale, tanto che possiamo ancora utilizzare antibiotici che altrove hanno perso ogni efficacia e non vengono nemmeno più comprati. Questo ha anche un vantaggio economico. A Bolzano possiamo gestire i risarcimenti in maniera diversa da altre zone italiane perché risulta molto difficile sostenere che si è entrati in contatto col germe in ospedale. Per capirci, un ospedale della capitale è costretto a pagare 40 milioni di euro l’anno per risarcire pazienti che hanno contratto l’infezione batterica all’interno della struttura.

E’ un successo figlio anche di questioni “culturali”?

Sì, abbiamo ottenuto questi risultati anche grazie ad una particolare predisposizione della popolazione altoatesina, in particolare quella di lingua tedesca, che non ama utilizzare molti medicinali. Ma, soprattutto, è un successo figlio di procedure precise che sono state avviate insieme al laboratorio. Nell’ospedale di Bolzano si possono prescrivere antibiotici solo dopo la consulenza di un infettivologo. E’ così dal 2007 e i risultati ottenuti ci hanno dato una grande autorevolezza che garantisce il rispetto delle procedure.

Il dottor Leonardo Pagani

Fuori dall’ospedale, però, la situazione appare diversa

Purtroppo noi non possiamo intervenire sui medici di base che spesso si vedono quasi costretti dai pazienti a prescriverlo. Un classico utilizzo degli antibiotici è quello per curare le infezioni alle vie urinarie nelle donne. Solitamente 10 giorni di terapia, pausa di un mese e altro ciclo. E’ una terapia standard che ha due effetti collaterali. I patogeni delle vie urinarie potrebbero essere resistenti alla terapia e l’antibiotico potrebbe sterminare tutti gli altri rendendo predominanti proprio quelli resistenti. Servono quindi farmaci mirati per evitare questo rischio. Secondo, come noto l’antibiotico altera il nostro microbiota intestinale che svolge un ruolo fondamentale.

Probabilmente sono i pediatri a subire le richieste più pressanti…

Sì, è facile comprenderne i motivi. Ma, per esempio, le faringiti infantili sono soprattutto di origine virale e non batterica per cui l’antibiotico non ha effetto. Per motivi che sarebbe troppo lungo spiegare qui, sarebbe meglio non utilizzare gli antibiotici per curare i bambini sotto ai sei anni perché alterano in maniera irreversibile la formazione del microbiota che trova il suo migliore equilibrio in maniera naturale proprio da zero a sei anni.

Il consiglio è quello prescrivere meno antibiotici?

Innanzitutto occorre prescriverli in maniera migliore. L’Oms ha lanciato anni fa una apposita campagna perché era al corrente del rischio. Come sappiamo, tutti sono in grado di prescrivere un antibiotico, dal medico di base al chirurgo specializzato, può anche capitare che un farmacista “amico” lo fornisca senza prescrizione. Questo accade perché lo si considera un farmaco semplice e invece può avere pesanti effetti collaterali indesiderati, soprattutto se questi si verificano quando l’antibiotico non era necessario. Invece, la terapia antibiotica è una scienza di per sé: la scelta del farmaco giusto, del suo dosaggio e la conoscenza del paziente sono fondamentali. A un giovane che ha subito un politrauma va prescritto un preciso antibiotico che non è lo stesso che si può utilizzare per un anziano con un problema post-operatorio.

Può entrare nei dettagli?

Sì, in quanto responsabile provinciale della formazione per il Piano nazionale per il contrasto all’antibiotico resistenza, è mio compito entrare nei dettagli. Le mie lezioni le fondo su tre pilastri: conoscere perfettamente il farmaco, conoscere ogni dettaglio del germe, cosa che possiamo fare grazie al nostro fantastico laboratorio di microbiologia clinica, porre grande attenzione al “contenitore”, alla persona a cui va somministrato. Perché gli effetti della cura dipende proprio da questo.

Gli antibiotici ad ampio spettro vanno utilizzati con grande attenzione?

Sì, perché se non li si usa in maniera precisa ed adeguata, se non sono mirati su germe specifico, si finisce per esercitare una selezione di genesi resistenza su tutti gli altri e potrebbe essere inutile. Tenendo conto di quanto detto in precedenza, occorre distillare la giusta terapia e costruendo una sorta di “abito sartoriale” sul paziente.

Ci siamo dimenticati qualcosa?

E’ un argomento complesso, ma ci terrei a sottolineare che i risultati ottenuti non valgono per sempre che una breccia si può sempre aprire. Per poter continuare a essere un’isola felice occorre continuare a difendere le nostre scelte ed è necessario un adeguato sostegno da parte di tutti, in primis dall’Azienda Sanitaria.

Massimiliano Boschi

(*) dato tratto da “Epidemiologia delle antibiotico- resistenze e di Clostridioides difficile in Provincia di Bolzano nell’anno 2023 e confronto con i quattro anni precedenti

 

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