Fondo sociale europeo, 6 milioni per l'integrazione lavorativa

Sono stati 10.834 gli altoatesini che nel 2019 hanno frequentato una formazione finanziata grazie al Fondo Sociale Europeo (FSE). I progetti approvati sono stati 312 su 485 valutati, per un finanziamento di 29,6 milioni di euro (di cui 28 milioni di risorse pubbliche). Dei 312 progetti, 127 erano di formazione nelle imprese, 40 di contrasto alla dispersione scolastica, 60 di incentivi ad assumere persone non occupate e 85 di corsi per persone disoccupate, non occupate e inattive. Con il 2020 si chiude il periodo di programmazione 2014-20, e il 5 dicembre è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige l’ultimo avviso per l’inclusione sociale. A disposizione 6 milioni di euro per l’integrazione lavorativa delle fasce vulnerabili (ex detenuti, persone affette da dipendenze, minori stranieri non accompagnati prossimi alla maggiore età e persone senza fissa dimora), con termine per presentare le domande entro il prossimo 28 febbraio.

La presentazione ufficiale del bando è fissata per martedì 14 gennaio 2020 alle ore 9 all’Auditorium del Palazzo provinciale 12 in via Canonico M. Gamper 1, a Bolzano, alla presenza della direttrice della Ripartizione Europa Martha Gärber. “L’inclusione sociale è uno degli obiettivi strategici dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile. Il prossimo periodo di programmazione 2021-27 continuerà ad avere l’inclusione sociale fra i suoi settori principali d’azione. In questo modo la sostenibilità diventerà sempre di più la bussola della Provincia di Bolzano in tutte le sue accezioni: economica, ambientale ma anche, appunto, sociale” ha detto Gärber.

L’esempio della cooperativa Change

Un esempio di attività nell’integrazione sociale è stato “Il lavoro di base in cucina” organizzata dalla cooperativa Change in collaborazione con Croce Rossa, Caritas e Volontarius. Rivolto a migranti e richiedenti asilo, il progetto ha coinvolto 8 giovani che hanno imparato a lavorare in ristoranti e strutture ricettive, in alcuni casi trovando anche un’occupazione stabile all’interno dell’azienda di ristorazione dove hanno svolto lo stage. “Molti migranti hanno già alle spalle esperienze di lavoro nel paese d’origine. Questi corsi sono utili a sviluppare le competenze, integrando le proprie conoscenze con quelle richieste dal nuovo contesto lavorativo e sociale” spiega Albino Leonardelli, all’epoca coordinatore per Caritas della struttura di accoglienza di via Merano 90, dalla quale è venuta oltre metà dei partecipanti al corso di cucina. “La priorità va data ai corsi di lingua, altrimenti le esperienze lavorative rischiano di non tradursi in concreta integrazione” aggiunge Lorenzo Mirabelli, coordinatore della formazione in Croce Rossa.

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