Gli amici, il teatro e Hanif Kureishi. Filippo Dini presenta "The Spank"

Non erano solo due amici al bar, erano qualcosa di più, poi qualcosa si è rotto. Questo, in estrema sintesi, è il punto di partenza di “The Spank” il nuovo testo di Hanif Kureishi, che andrà in scena al Comunale di Bolzano dal 17 al 20 febbraio all’interno della stagione dello Stabile.
La regia è di Filippo Dini che torna a Bolzano dopo lo straordinario successo ottenuto con “Casa di Bambola” di Ibsen. Ma se nel testo del drammaturgo norvegese si indagava il rapporto tra uomo e donna, in quello di Kureishi ci si concentra su quello tra due uomini, tra due amici. A portarli in scena, lo stesso Dini, nei panni di Vargas, e un suo vecchio amico anche nella vita, Valerio Binasco, nei panni di Sonny.

Due amici che si ritrovano a chiacchierare in un pub, lo “Spankies” che hanno ribattezzato “The Spank” la sculacciata dove si ritrovano come unici avventori. Un contesto che permette di creare l’intimità necessaria a far partire quelle conversazioni che finiscono inevitabilmente per costruire la nostra identità. Perché, come spiega Kureishi: “Il rapporto di amicizia si basa sulla parità, non sul potere”. E così, chiacchierando con un amico tra un perché ed un però, si riesce a chiarire il proprio pensiero e ci si mostra per chi si è realmente, fuori dai ruoli in cui il lavoro e la famiglia ci costringono.


Lo “Spank” di Kureishi a Londra, oggi chiuso.

“The Spank” è uno spettacolo sull’amicizia maschile, ma limitata a due persone, molto lontano, quindi, dalle atmosfere di gruppo che hanno fatto la fortuna di Gabriele Salvatores e dei suoi film. Una differenza fondamentale che lo stesso Dini sottolinea: “L’amicizia di gruppo crea un ambiente molto diverso. Raccontarla significa esasperare ed etichettare le caratteristiche principali degli individui che lo compongono. Nel gruppo c’è molto divertimento ma poca intimità, tra i protagonisti di The Spank, invece, ce n’è moltissima”.

Uno spettacolo sull’amicizia, ma anche sulla famiglia…

“Sì, il legame tra i due protagonisti riguarda anche le rispettive famiglie. Ci sono solo due personaggi in scena, ma altri sette sono evocati continuamente e direi che sono presenti quanto i primi. L’istituzione famigliare ne esce massacrata, mentre ognuno dei due protagonisti porta la propria esperienza personale di matrimonio avviando una lunga riflessione anche su questo. Non vengono tratte leggi universali o una morale, ma la famiglia non ne esce benissimo”.

Lo spettacolo ha debuttato a Torino in prima mondiale. Era più l’orgoglio o l’ansia?

“Mi ha messo apprensione per la responsabilità che sentivo. Normalmente i testi di autori stranieri non debuttano in Italia, anzi è già difficile che arrivino. Ma nei fatti non è cambiato molto, l’atteggiamento è stato lo stesso di sempre. Quando affronto un lavoro di un autore contemporaneo non mi metto a cercare o a guardare cosa hanno fatto gli altri, preferisco non farmi influenzare. Il discorso è molto diverso per i testi classici”.

Sembra giunto a un punto della carriera in cui può permettersi di fare il teatro che preferisce senza troppi compromessi, lavorando in profondità con l’ambiente e con i compagni giusti. E’ solo un’impressione?

“A dire il vero, in linea generale sono sempre stato fortunato, ho quasi sempre fatto gli spettacoli come li desideravo. Nel dettaglio posso essere d’accordo. Si è consolidato un rapporto di fiducia reciproca con il Teatro Stabile di Torino ed è un piacere lavorare in un ambiente in cui mi riconosco e che mi permette di fare le cose che mi piacciono. Il tutto senza stupore, perché sono spettacoli che piacciono anche al pubblico”.

Filippo Dini (Immagine da linkartsrl.com)

Nei suoi spettacoli, non solo per come li presenta in scena, si coglie una passione e una volontà di approfondimento non abituale.

“Sfrutto un’opportunità, abbiamo il privilegio di poter studiare la letteratura, di confrontarci con poeti e scrittori per comprendere meglio quel che ci circonda, ancora più in un momento come questo. Perché dovrei perdere l’occasione di cogliere nuovi spunti di riflessione che possano aiutarmi a comprendere un momento come questo, molto difficile da decifrare? Forse arriveremo a capirci qualcosa tra una decina d’anni”.

Sempre che se ne esca…

“Sì, ma io non capisco chi auspica un ritorno alla normalità. In Italia? Se nel dicembre 2019 avessimo chiesto a un italiano se considerava normale la società in cui viveva avrebbe risposto di sì?”

Forse al bar dopo tanti bicchieri.
Tornando alla possibilità di confrontarsi con gli scrittori, come è andata con Kureishi?

“E’ stato un grande insegnamento. Io ero restio a confrontarmi con lui, temevo di dovermi scontrare su piccoli dettagli insignificanti come capita spesso in Italia con autori contemporanei, mi sbagliavo. Io credo che l’incontro tra testo e attori vada favorito in tutti i modi e con Kureishi è stato facile. E’ Uno scrittore illuminato, una star della letteratura e si è messo totalmente a disposizione per aiutarmi nella comprensione di un testo che non hai mai considerato chiuso o finito. Ha condiviso con me i cambiamenti e ha aggiunto battute al mio personaggio dopo le nostre conversazioni. Mi ha fatto comprendere pienamente come il teatro non possa essere l’espressione di un unico punto di vista”.

Kureishi è un’eccezione?

“Sì, ma sarebbe bene che questa modalità si diffondesse. E’ finita l’epoca di registi, interpreti o autori che diffondevano l’idea istrionica dell’artista solo e tormentato, irritabile e antipatico. Sono atteggiamenti fuori dal tempo e dalla storia. La contemporaneità ha bisogno di altro, di condivisione reale. Nell’arte come in ogni altro ambito”.

MB

Da giovedì 17 a domenica 20 febbraio (giovedì e sabato h. 20.30, venerdì h.19 e domenica h. 16)

“The Spank”

di Hanif Kureishi
traduzione Monica Capuani
regia di Filippo Dini
con Filippo Dini, Valerio Binasco

scene Laura Benzi
costumi Katarina Vukcevic
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola

Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.
Per gentile concessione di The Agency (London)

 

Foto di apertura: da sinistra Valerio Binasco, Filippo Dini – © PHOTO Luigi De Palma

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