Emotitech, la startup che crea emozioni attraverso la tecnologia

Percorrendo l’autostrada A4 all’altezza di Brescia è facile che l’occhio cada sulla ciminiera del termovalorizzatore cittadino, una guglia azzurra che non urta l’occhio, ma si confonde col cielo. Si tratta di un gioco di colori ideato dall’artista austriaco Jorrit Tornquist (da poco scomparso) ma in cui c’è anche lo zampino di Emotitech, una startup incubata al Noi Techpark di Bolzano, con una sede anche in Silicon Valley. “Jorrit si è occupato di progettare il colore delle gradazioni di azzurro che creano un effetto visivo cangiante a seconda del meteo, noi abbiamo gestito il project management di tutta l’iniziativa: dal rapporto con l’artista, al trovare le vernici, delle vernici speciali giapponesi che durano 60 anni e proteggono le strutture,” spiega il Ceo di Emotitech Lodovico Minelli.

L’esempio dell’inceneritore di A2A si presta bene a introdurre il lavoro di Emotitech, che a un primo sguardo ha un che di esoterico, dato che, come recita la brochure aziendale, unisce “design emozionale, scienza multisensoriale e tecnologia affettiva” per portare alla luce e far entrare in relazione le persone con dei prodotti, dei luoghi o delle aziende. Cosa significa, in pratica? L’arte, ma anche il marketing o la comunicazione hanno sempre mirato ad ottenere particolari effetti in chi contempla un quadro, ascolta una canzone o utilizza un prodotto. La differenza è che oggi, grazie all’immensa quantità di dati disponibili e ai vari gadget che usiamo per rapportarci col mondo, è possibile misurare in maniera scientifica l’impatto ottenuto e coinvolgere tutti i sensi con un’efficacia finora inedita. Come spiega il Ceo: “attraverso sensori che rilevano espressioni facciali, temperatura corporea e dilatazione delle pupille, possiamo creare esperienze immersive che generano un impatto emotivo duraturo. L’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati ci aiutano a elaborare queste informazioni in modo rapido ed efficiente.”

Gli scopi a cui vengono applicate queste conoscenze possono essere i più vari. Nel caso di A2A si è voluto per esempio ottenere un effetto di mimesi, ingentilendo e facendo quasi scomparire una struttura potenzialmente di dubbio gusto, nel paesaggio circostante. Nel caso invece di un altro progetto, realizzato con la metropolitana di Brescia, l’effetto può essere quello opposto: sottolineare, mettere in risalto. Qui l’opera dell’artista Luca Font posizionata sul viadotto della “metropolitana d’arte” usa la psicologia del colore per comunicare emozioni di dinamicità, energia e creatività ai viaggiatori. L’opera si anima attraverso la realtà aumentata quando viene filmata con uno smartphone, creando un’esperienza multisensoriale.

Un altro progetto affascinante è quello con cui Emotitech, assieme al Gruppo Bmw, sta cercando di capire quale potrebbe essere il “suono” più adatto per un’auto elettrica della casa tedesca, dato che a differenza di quelli a combustione, i rumori dei motori elettrici sono pressoché inesistenti (il che può creare pericoli per la circolazione). La startup altoatesina, peraltro, non si limita a collaborare con le aziende su casi concreti, ma può fungere anche da “rabdomante” per individuare connessione inesplorate fra le aziende e i clienti.

“La nostra missione è quella di trovare l’anima emotiva delle aziende con cui collaboriamo”, spiega Minelli. “Attraverso l’analisi degli archivi aziendali, scopriamo aspetti e valori nascosti che spesso le aziende stesse non conoscono. Questo ci consente di offrire loro una maggiore comprensione della propria identità emotiva e dei valori che possono essere valorizzati per creare connessioni più profonde con i loro clienti.”

Lodovico Minelli, Ceo Emotitech

Tutto molto bello, ma viene anche da chiedersi dove sia il confine fra convinzione e manipolazione; se, cioè, messe al servizio di aziende o istituzioni con pochi scrupoli, le tecniche del design emozionale e della tecnologia affettiva non potrebbero rivelarsi dei modi inquietanti ed efficaci per condizionare le persone. Magari senza che queste ultime si rendano nemmeno conto di essere sottilmente indirizzate. Basti pensare a come, anche in Italia, telecamere installate in supermercati e centri commerciali siano in grado di leggere le espressioni facciali delle persone per comprendere il livello di soddisfazione dopo un acquisto o valutare l’apprezzamento di un particolare allestimento dei prodotti.

“Siamo consapevoli del potenziale invasivo che l’utilizzo improprio delle informazioni biometriche può comportare. Esiste il rischio che vengano sfruttate per scopi di controllo o per ottenere dati sulla percezione emotiva di una intera popolazione. Per questo siamo impegnati nel promuovere un utilizzo etico e consapevole delle tecnologie affettive” – dice Minelli.

Un esempio concreto di questo impegno è l’adversarial jacket a cui sta lavorando la startup. “Assieme a un noto marchio di moda, di cui non posso fare il nome, stiamo creando una giacca progettata per proteggere la privacy delle persone in luoghi pubblici. Utilizzando grafiche avversive create da un artista di urban art di fama internazionale, impedisce alle telecamere dotate di sistemi di intelligenza artificiale di riconoscere le emozioni facciali. Fa comunque capire che una certa persona è presente in un dato luogo, quindi salvaguarda l’aspetto di sicurezza legato alle telecamere, ma inibisce la parte più profonda dell’osservazione”.

Fra società e mercato, fra esaltazione dei risultati di vendita che emotion design e tecnologia affettiva possono portare e demonizzazione delle stesse per le loro capacità invasive, c’è una terza via, una via che Emotitech sta cercando di percorrere, e che è legata al ripristino dell’attenzione. “In questi quindici anni da quando abbiamo iniziato a lavorare in questo settore, ci siamo resi conto che le persone sono sempre più distratte. L’aumento del rumore, che un tempo era limitato alla televisione, ora deriva dall’utilizzo dei social network e dalle relazioni sociali frammentate, in cui si scambiano messaggi di pochi secondi con amici, familiari o persone sconosciute su varie piattaforme.” In una società che inneggia continuamente al benessere, questa forma mentis conduce esattamente all’opposto. “Ciò che definiamo ‘felicità emotiva‘, il livello più profondo oltre alla semplice gioia, è legato all’abilità di prestare attenzione intenzionale. Quando il cervello si focalizza e riduce il rumore ambientale e le informazioni da gestire, si sperimenta una sensazione di piacere, cura di sé e ritrovamento dell’equilibrio” – dice Minelli.

Il tentativo di Emotitech è quindi quello di ricreare questa attenzione intenzionale nelle esperienze e nei prodotti che promuove. Unendo allo stesso tempo efficacia del marketing (in un mondo in cui la gara è a chi grida più forte, il “silenzio” può essere un valore aggiunto) e benessere sociale.

Federico Guerrini

Immagine in apertura: il progetto di Emotitech per la metropolitana di Brescia. Foto courtesy Emotitech

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