Coronavirus, il dramma senza voce di malati di Alzheimer e badanti

E’ una delle cose chi ci siamo ripetuti più spesso sin dall’inizio: “Il Coronavirus risulta particolarmente pericoloso per gli anziani con malattie pregresse”. Lo abbiamo fatto talmente talmente tante volte che abbiamo finito per darlo per scontato e ora ne stiamo pagando le conseguenze. Perché tra gli anziani con malattie pregresse ci sono ovviamente tutti quelli non autosufficienti. In Alto Adige sono circa 15.000, 4.000 sono ospitati in residenze per anziani e 11.629 vengono assistiti a domicilio.

Un’assistenza domiciliare che è in gran parte affidata alle badanti che in alto Adige sono circa 11.000 secondo le stime della Cgil.  Le lavoratrici iscritte all’Inps sono circa 5200 a cui va aggiunto una tra il 55% ed il 65% di personale irregolare e parzialmente irregolare. Secondo la Cgil, le badanti in nero dovrebbero essere tra le 2000 e le 2500 che fanno arrivare ad una cifra totale attorno alle 7.500 unità. E’ quindi soprattutto su queste 7500 persone che si basava l’assistenza domiciliare agli anziani non autosufficienti. E ora com’è la situazione?

Ovviamente pessima, perché le badanti in nero, circa un terzo del totale non sono in grado di spostarsi non potendo presentare l’autocertificazione necessaria a muoversi in tempi di “quarantena”. Questo ha spinto molti a regolarizzare le badanti, ma si tratta di una minoranza Perché anche le badanti in regola hanno enormi problemi di spostamento, soprattutto se risiedono in un comune diverso dall’assistito (con relativi problemi di permessi, riduzione dei mezzi pubblici etc).

Si aggiunga inoltre che con le scuole chiuse si sono ritrovate a dover risolvere i propri problemi quotidiani di gestione famigliare prima di potersi dedicare a quelli altrui. Alcune sono persino tornate nei loro paesi d’origine nel timore di non poterlo più fare in futuro e, last but not least, vale anche e soprattutto per chi svolge un lavoro di questo tipo, la legittima paura di ammalarsi che ha spinto molte a dimettersi per paura di essere contagiate. Si tratta di migliaia di lavoratrici e migliaia di assistiti, numeri che mutano sostanzialmente lo sguardo di insieme rispetto all’epidemia dilagante.

Ma tornando all’Alto Adige, chi sono questi quindicimila anziani non autosufficienti? In gran parte, sono malati di Alzheimer o demenza senile. 13.000 persone circa con cui è molto complicato relazionarsi. Non è semplice comprendere i sintomi, figurarsi fare indossare una mascherina e fare rispettare le norme igieniche. Nel frattempo, qualcuno ha pensato a fare il tampone alle 7500 badanti di cui sopra che si occupano dell’assistenza?

La pagina dell’associazione “Alzheimer Südtirol Alto Adige” aiuta a comprendere meglio quale sia la situazione: “Riceviamo molte richieste di aiuto sia da parte delle badanti che sono preoccupate per i contagi e per le tutele salariali, sia dalle famiglie che non sanno come comportarsi in questa situazione di estrema difficoltà. Con l’emergenza Coronavirus e le forti limitazioni agli spostamenti i problemi, dai più banali come la possibilità per le badanti di andare a fare la spesa, ai più seri come gli spostamenti, sono venuti al pettine. Questi lavoratori rischiano di essere tra i più penalizzati. Cassa integrazione in deroga e fondo di integrazione salariale non sono previsti. Se il rapporto di lavoro domestico prevede la convivenza, sia il datore di lavoro che il lavoratore devono avere il buon senso di attenersi alle regole dettate dal Governo per il rispetto di tutti i presenti in casa. Questo significa che si deve evitare in ogni modo di uscire di casa. Ad ogni modo, il datore di lavoro non può impedire al lavoratore di uscire, poiché né il datore di lavoro né il lavoratore può limitare la libertà dell’altro. Se non si è d’accordo su scelte o abitudini, per non rischiare il contagio, si consiglia di interrompere il rapporto di lavoro per giusta causa (o consigliare alla badante dimettersi in ferie), con evidenti problemi di coprire l’assistenza per le famiglie”.

L’Associazione Alzheimer si è quindi attivata per quanto possibile:  “Abbiamo voluto sostenere ancora maggiormente le famiglie con pazienti affetti da demenza, anche per colmare il vuoto di informazione nel quale esse devono vivere e per questo abbiamo esteso il proprio servizio di telefono amico attraverso il numero verde perché il telefono nella sede di Bolzano, al momento, non può essere  attivo”. Attualmente l’Associazione risponde al numero verde 800660561, dalle ore 7 alle ore 22, 7 giorni su 7.

Il rischio che molti anziani si trovino soli e privi di assistenza è altissimo, una questione che riguarda tutti gli anziani non autosufficienti. A chi si ritrova impossibilitato a ricevere assistenza, non restano che due strade: venire ospitati nelle case dei famigliari più prossimi, ma molti non ne hanno possibilità, soprattutto in situazione di clausura con tutta la famiglia chiusa in casa, o il ricovero residenze per anziani, o in ospedale, con tutti i rischi connessi.

E’ questo contesto che, probabilmente, spiega il forte afflusso verso gli ospedali e il conseguente sovraffollamento con i tragici effetti a cui stiamo assistendo.

Nella citatissima Lombardia, le badanti sono circa 156.000 (una volta e mezzo gli abitanti di Bolzano), ma il modello lombardo di assistenza ai non autosufficienti si impernia prevalentemente sulle Rsa (Residenza sanitaria assistenziale)  che sono attualmente nell’occhio del ciclone (600 morti in venti giorni solo nei centri anziani del bergamasco).

La scelta delle famiglie degli anziani non autosufficienti è quindi drammatica, difficile trovare aggettivi diversi.

Causa chiusura dei vari uffici e l’impossibilità a spostarsi con facilità, è complicatissimo sostituire chi presta assistenza domiciliare. Chi può si trasferisce dal congiunto o lo ospita in casa, ma sono una netta minoranza. Gli altri provano a sistemare le cose nei limiti del possibile ma a volte l’ospedale o la residenza per anziani sono l’unica alternativa possibile ma non è una decisione che si può fare a cuor leggero. E’ probabilmente questo contesto a spiegare la discrepanza tra l’aumento dei decessi e i morti per Coronavirus denunciata dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori: “A Bergamo, dall’1 al 24 marzo, i decessi dei residenti sono stati 446: 348 più della media degli ultimi anni (98). I decessi ufficialmente dovuti a Covid19 nel periodo sono 136. Ce ne sono 212 in più”.

Chi muore in casa, magari in solitudine non viene sottoposto a tampone, ma la dimensione effettiva del fenomeno sarà visibile solo nei prossimi mesi, quando si sarà usciti dall’emergenza e si riapriranno porte che al momento nessuno è in grado di aprire.

Per chiudere un ultimo dato: sei badanti europee su dieci vivono in due paesi, uno è l’Italia, l’altro è la Spagna. Il 37% delle badanti italiane si concentra in tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Toscana.

Foto: Photo by Steven HWG on Unsplash

Massimiliano Boschi

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