Bolzano, tre mostre d'arte e fotografia da vedere a Natale

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Bolzano. Nulla è più difficile da sopportare di una serie di giorni felici: questa frase, attribuita a Goethe (o forse ad altri, ma non è essenziale ora) riassume bene quello che in molti si trovano a vivere in questi giorni natalizi di gioie e felicità più o meno imposte tra feste, pranzi, parenti, regali. Nella vertigine festiva, in cui anche le chiese si affollano, non bisogna sottovalutare i musei e le gallerie come spazi-rifugio di tranquillità e silenzio, soprattutto quelli di arte contemporanea. Ecco qualche idea.

Basta fare pochi passi dal Mercatino per scoprire che Bolzano -e l’Alto Adige- non sono solo un idillio alpino per turisti, come racconta la mostra fotografica alla Galleria Civica in piazza Domenicani “Traiettorie visuali sull’Alto Adige” (entrata libera, fino al 06.01.2026, aperta da martedì a domenica 10-13; 15-18;  chiusa il 24, 25 , 26 dicembre e primo gennaio 2026). L’esposizione, organizzata dal Circolo Fotografico Tina Modotti, raccoglie le ricerche di 17 fotografi e fotografe locali sull’identità contemporanea dell’Alto Adige articolate in tre sezioni: la città tra centro e periferia, sguardi sul turismo e tradizioni e ritualità locali.

La festa del Corpus Domini a Marlengo e del Nagar Kirtan a Bolzano. 

La forza del racconto restituito dalle immagini è nel punto di vista, quello in cui molti bolzanini e bolzanine forse si riconosceranno e che come turista vale la pena di conoscere: ci sono le luci della sera sui Portici e il mercato di Piazza Erbe, con i suoi cambiamenti, ma anche gli orti urbani rubati tra i palazzoni “Pifferi” di Viale Europa o le avveniristiche architetture specchianti della Salewa in zona industriale. Spesso è un dettaglio a fare la differenza sulla percezione del tutto: un geranio rosso tra le facciate pseudo avveniristiche di un palazzo in viale Druso o un ciclista solitario nel mare di cemento tra gli snodi del nuovo tunnel di via Alto Adige, che racconta più di molte parole delle visioni sulla mobilità sostenibile della nostra città.  Ma soprattutto ci sono i “paesaggi umani” che cambiano – ecco allora che alle immagini delle processioni del Corpus Domini si aggiungono quelle della festa del Nagar Kirtan a Bolzano, creando potenti cortocircuiti estetici e simbolici. E poi c’è il primo Pride a Bolzano, svoltosi quest’anno, e la montagna invasa dai parcheggi, e il turismo – (forse qualcuno si ritroverà nell’immagine scattata da Luca Frigo del signore che si fa un selfie in piazza Walther al mercatino, pubblicata in apertura) ma anche le storie personali di chi molla tutto per gestire un rifugio a 2188 metri di altitudine, come la signora Hilli Jocham .

A proposito di donne che vale la pena conoscere, sempre a pochi passi dal mercatino al Museion di Bolzano c’è la mostra “I Am The Last Woman Object” che presenta, per la prima volta in Italia, l’opera dell’artista francese Nicola L. (El Jadida, Marocco 1932-Los Angeles, Stati Uniti, 2018). Realizzata in collaborazione con il Camden Art Centre di Londra, il Frac Bretagne di Rennes e la Kunsthalle Wien, l’esposizione propone ottanta lavori creati dall’artista nell’arco di cinquant’anni, dal 1964 al 2014 . Le opere di Nicola L. sono figlie di un’epoca, gli anni sessanta, e delle sue battaglie – l’anticonformismo, la controcultura, il maggio francese, le proteste contro la guerra in Vietnam, e soprattutto l’illusione di un “noi” che poteva cambiare le cose, combattere le ingiustizie. Un’illusione che nei lavori dell’artista prende fisicamente corpo nei celebri pénétrables in stoffa, che permettono di mettersi nei panni altrui. O nei suoi coat, grandi impermeabili collettivi che l’artista faceva indossare a passanti sconosciuti e con cui ha percorso tantissime città europee e statutinetensi. “Apro la valigia e invito i passanti a entrare e condividere l’impermeabile. Undici persone che non si conoscono sono unite da una pelle comune: si parlano, si aiutano a indossare l’impermeabile e camminano insieme” raccontava l’artistaa propropisto delle performance con cui scompigliava le strade. Appesi al museo, oggi i pénétrables somigliano a buffi pupazzi, svuotati dagli ideali che li avevano animati.

Nicola L., Red Coat, 1969, performance in New York’s Chinatown for Fernando Arrabal’s film Adieu Babylone!, 1992. © Nicola L. Collection and Archi

Chi visita la mostra ha comunque la possibilità di provare il brivido di entrare fisicamente in una delle creazioni dell’artista, un grande ambiente di pelliccia viola che riproduce una sua opera del 1970. Ma la forza di Nicola L., che colpisce ancora oggi, sta nella sua capacità di dar vita agli ideali di emancipazione femminile mantenendo un tono giocoso e ironico, come nell’opera I am the Last Women Object (sono l’ultima donna oggetto), che da il titolo alla mostra. E’ una delle sue sculture più famose, una bambola in vinile, probabile eco alle bambole gonfiabili, con uno schermo accomodato nel suo corpo, su cui scorrono frasi che invitano a toccare la donna si, ma per un’ultima volta. Se il corpo della donna può essere un oggetto, gli oggetti possono diventare corpi di donna: è il gioco sotteso anche ad altri suoi pezzi in mostra, come le Femme Commode (che in francese significa “donna facile”, ndr) , un comò in legno laccato dai contorni simili, con colori diversi, i cui occhi, naso, bocca, seni, pancia, ventre e organi sessuali si possono aprire come cassetti.

Nicola L., Little TV Woman: “I Am the Last Woman Object”, 1969, installation view, Nicola L.: Works, 1968 to the Present, SculptureCenter, New York, 2017. Courtesy XXO Collection, © Nicola L. Collection and Archive. Photo: Kyle Knodell

Sempre a Museion si può visitare la mostra sulle torce olimpiche What We Carry di Sonia Leimer e Christian Kosmas Mayer (legata all’Olimpiade Culturale per i prossimi Giochi Olimpici Invernali Milano-Cortina, di cui abbiamo parlato qui), mentre rimanendo in tema di sport invernali consigliamo di sfogliare per un momento il divertente libro dedicato da Sven Sachsalber alle tute da sci della nazionale svizzera dal titolo, indovinate, Swiss Cheese Alpine Ski Race Suits . L’opera è esposta a Museion Passage nella mostra dedicata al progetto di ricerca sull’artista altoatesino scomparso prematuramente nel dicembre 2020. Durante le festività Museion è aperto, salvo il  25 dicembre e il primo gennaio, in cui rimane chiuso; il 24 e il 31 dicembre l’orario è ridotto dalle ore 10 alle ore 15, per info qui).

TOUTITÉ ILIAZD Lo Studio della Forma, Fondazione Antonio Dalle Nogare, Fotostudio Jürgen Eheim

Anche la Fondazione Antonio Dalle Nogare è aperta regolarmente ogni sabato durante le festività, quindi il 27 dicembre e il 3 gennaio dalle ore 9.30 alle ore 19.30 con ingresso gratuito. Una buona occasione per scoprire “Toutité-Iliazd Lo Studio della Forma” – una mostra sofisticata su una figura straordinaria e ancora poco conosciuta del novecento, Ilia Zdanevich, noto come Iliazd. Nato a Tbilisi, in Georgia, nel 1894 Iliazd è stato poeta, scrittore, designer, appassionato architettura sacra, editore rivoluzionario e maestro del libro d’artista. Personaggio incredibile e un po’ folle, dagli interessi e curiosità più diverse e trasversali – dalle chiese bizantine all’alpinismo (fino ai gatti, la cui nascita annuciava con bigliettini appositi) – Iliazd ha collaborato, tra l’altro, con artisti come Picasso, Max Ernst e Giacometti e ha disegnato tessuti per Coco Chanel e Sonia Delanauy. Per Marcel Duchamp ha realizzato la Boîte-en-Valise (un museo portatile inventato da Duchamp), serie C tra il 1954 e il 1958, di cui un esemplare è esposto alla Fondazione.

IIia Zdanevich – ILIAZD
Paris, 1950, Ph. Marion Valentine ©Fonds Documentaire Ilia Zdanevich

La collaborazioe con Duchamp è raccontata in mostra attraverso materiali e lettere inediti, mentre rilievi architettonici, progetti di design legati all’ambito della moda  i suoi libri preziosi d’artista, raccontano il suo l’’universo creativo. Nei suoi libri ogni dettaglio -dalla scelta della carta all’impaginazione, alle illustrazioni, commissionate a grandi artisti -è curato con un’attenzione, un’ossessione, che incanta chi sa prendersi il tempo di scoprirla. Un altro aspetto interessante sono l’esplorazione delle lingue e del linguaggio, che Iliazd ha messo in atto tutta la vita. Un assaggio se ne ha fin dal titolo della mostra, Toutité. la versione della parola russa vsechestvo e della parola francese toutisme, tradotta in inglese come Everythingism e che rappresenta “un’attitudine artistica che non intende porsi limiti spazio temporali”: se è vero che i limiti del linguaggio sono i limiti del mondo, quello di Iliazd doveva essere infinito.

Cat.Lo.

Immagine in apertura: una fotografia di Luca Frigo esposta nella mostra Traiettorie visuali sull’Alto Adige alla Galleria Civica a Bolzano, courtesy of the artist

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