Dalla Bolzano operaia al Brasile di Bolsonaro. Padre Lino Allegri, una vita dalla parte dei deboli

“Sono degli autentici vandali, questo tentativo anti democratico sarà stroncato e i responsabili saranno severamente puniti. Penso che invece di indebolire il governo Lula questa assurda azione dei bolsonaristi  lo rafforzerà. In questo momento il governo ha preso le redini in mano e spero che a breve molti mostri sacri possano andare a vedere il sole a scacchi”. A dispetto dei suoi 84 anni, le parole di Padre Lino Allegri  su quanto sta avvenendo in Brasile evidenziano tutta l’energia e la passione di un uomo che ha speso la sua vita dalla parte dei deboli.  Una frase che a molti può suonare retorica, ma che descrive perfettamente la realtà di Padre Allegri. Cresciuto nel quartiere Don Bosco di Bolzano, è stato ordinato sacerdote a Trento e dopo una breve esperienza a Salorno, ben presto ha sentito che la sua missione era vivere il Vangelo coi poveri. Da più di 50 anni si trova in Brasile, e dopo essersi spostato in diverse città, dagli anni ’90 si trova nella città di Fortaleza, nella regione Nordeste – dove si è distinto per il suo coraggio e le sue azioni a favore dei contadini e lavoratori rurali, ricevendo anche il Premio per i diritti Umani “Frei Tito de Alencar”.

Rimanendo sulla situazione politica: come valuta la vittoria e il ritorno di Lula?

Sono contentissimo per la vittoria di Lula, vittoria stupenda! Sto facendo personalmente una lettura biblico-teologica di questa sua vittoria e la sto paragonando all’Esodo. Sì, perché con questa vittoria siamo usciti da una schiavitù vera e siamo in cammino verso una vita più umana. Il primo mandato di Lula 20 anni fa è stato buono, migliore rispetto a quello del presidente precedente (Fernando Henrique Cardoso, ndr) però anche con errori e limiti- sono sicuro che adesso Lula saprà riconoscerli e non ripeterli. Non sarà un governo facile perché i grandi di questo mondo non digeriscono che un uomo del popolo governi un paese come il Brasile. Ma il popolo brasiliano ha ripreso a sorridere, sperare e capire che dipende anche da lui il buon esito di questo governo.

Lei in passato ha avuto qualche problema con il governo di Bolsonaro..

In una chiesa, frequentata dalla classe medio alta, durante l’omelia ho fatto cenno alla irresponsabilità del presidente  di fronte al COVID 19 e alla sua falsa religiosità. Questo ha causato una certa turbolenza… ma è acqua passata.

Lei ha detto che anche nei conflitti è possibile migliorare la propria vita personale, come intende questo messaggio di speranza?

Si, non solo nei conflitti, ma anche nelle sconfitte è possibile migliorare la propria vita personale, è questo ho detto durante l’Avvento e il Natale, tempo di riflessione. La notte di Natale ho celebrato la messa con la gente di strada (moradores de Rua) in una piazza, un centinaio di persone, qualcuno anche ubriaco, ma quanta tenerezza in loro. Questo fa migliorare la mia vita personale. Ripensando alla storia con tutte le sue contraddizioni e sofferenze vissute dalle persone, da me stesso e anche da quel Bambino che è il Dio che cammina con noi, ho sentito più forte la bellezza della vita. Ho sentito che le piccole (in realtà grandi) conquiste della povera gente danno senso alla vita.

Facciamo un passo indietro: lei è cresciuto a Bolzano?

Sono nato a San Giovanni Ilarione, Verona, nel 1938 e lì ho vissuto fino a 7 anni. Poi con la famiglia sono venuto a Bolzano dove mio padre lavorava alla Montecatini. Il quartiere era conosciuto come le semirurali (oggi Don Bosco) e chiamato anche Shangai. Era un quartiere di periferia, per la maggioranza di operai, in cui tutta l” Italia era rappresentata. Devo dire che mi sento ancor oggi orgoglioso di essere vissuto in questo quartiere perché lì c’era vita e speranza (eravamo nel dopo guerra).

Padre Lino Allegri

Che ricordo ha della città e delle scuole che ha frequentato?

Ho frequentato le elementari alle san Filippo Neri e san Quirino ed ho un buon ricordo delle maestre e dei maestri. Ho un buon ricordo anche dei preti della parrocchia, preti con “odore di pecore”, per dirla come papa Francesco. E qui mi sento in dovere di ricordare don Luigi Molinari, don Francesco Daz, don Silvio Bortolamedi, don Vittorino Dallapé, don Pietro Laner, don Domenico Penner, don Sergio Viola. Li ricordo perché sono stati importanti per me. Dopo le elementari sono andato in seminario a Trento dove sono stato ordinato prete nel 1965.

E come è arrivato in Brasile? Perché proprio a Fortaleza?

Nel 1965 terminava il concilio Vaticano II che ha ridato alla Chiesa entusiasmo e capacità di sognare. Dopo l’ordinazione sono stato cappellano ai Piani di Bolzano e a Salorno e qui a Salorno, a contatto soprattutto coi giovani, ho cominciato a sognare in grande ed è nato in me questo desiderio di andare a vivere il Vangelo coi poveri. Così nel 1970 sono venuto in Brasile, ma non subito a Fortaleza. Da solo sono andato nel Nordeste nella Paraiba in Uirauna. Poi nel 1974 con mio fratello don Ermanno e con don Augusto Baldrati siamo andati nella Bahia a Santa Maria da Vitória. Nello stesso anno si sono aggiunti a noi 3 laici, Anna e Gottfried di Salorno e Emilia Ceolan di Roverè della Luna. Nel 1977 venne anche don Pierluigi Sartorel. Esperienza bellissima con i camponeses (contadini) e qui non mi dilungo a raccontare quanto ci hanno arricchito questi anni. Nel 1990 io, Ermanno e Gigi (Luis Sartorel) siamo approdati a Fortaleza. Cambiamento abbastanza radicale dal mondo rurale al mondo nella periferia della grande città, se si pensa che Fortaleza conta quasi 3 milioni di abitanti.

Quali sono le problematiche principali che ha dovuto affrontare?

Nel lavoro con i contadini il problema maggiore era quello della difesa della terra. I grandi latifondisti invadevano infatti la terra dei piccoli  proprietari con violenza (ci sono stati anche morti) e nessuno prendeva la difesa dei contadini. Così per essere coerenti al Vangelo io e i colleghi ci siamo messi dalla parte dei contadini. Il primo lavoro era aiutarli a mantenersi uniti, poi a organizzarsi creando un sindacato. È stato un lavoro bellissimo, hanno creato il “Sindacato dei Lavoratori Rurali” , una grande vittoria per loro. Chiaro che questo ha provocato una feroce reazione da parte dei Latifondisti. Siamo stati chiamati di comunisti, di sovversivi, di falsi preti, minacciati di morte più di una volta… ma siamo ancora vivi, graças a Deus.

E a Fortaleza?

Qui le problematiche erano diverse: grande povertà, case senza acqua, luce, igiene e col pericolo di essere sfrattati. Anche qui il lavoro era, è, aiutarli a organizzarsi in associazioni per difendere i loro diritti. Vorrei sottolineare che tutto questo lavoro “sociale” è stato possibile perché in primo luogo c’era un lavoro di vera evangelizzazione con la creazione di comunità di base dove il Vangelo aveva il primo posto, ma un Vangelo incarnato nella vita concreta. Per me, per noi, era ed è inconcepibile slegare la fede dalla vita.

Caterina Longo

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