Balleremo ancora: arte e propaganda ai tempi del Covid

È l’8 aprile 2021 e a Parigi un gruppo di danzatori, musicisti, cantanti e saltimbanchi si ritrova alla Gare de l’Est di Parigi per un flash mob per un inno «alla gioia di vivere» sulle note di «Danser Encore» di «HK et Les Saltimbanks», gruppo francese di musica popolare noto per i testi dedicati alle lotte sociali.

 

https://www.youtube.com/watch?v=GN5B27zT29Y&t=321s&ab_channel=PiafEdit

 

Il video, online dal 9 aprile, è stato visualizzato da circa oltre mezzo milione di persone e mi assumo la diretta responsabilità di almeno una cinquantina di visualizzazioni. Perché i protagonisti del video mi hanno fatto esplodere la nostalgia per lo stare insieme, del cantare e ballare sopra le difficoltà, perché, come si legge all’inizio del video: «La paura della morte non impedisce di morire ma di vivere».

9 aprile 2021, piazza Magnago di Bolzano ore 14

Come recita il comunicato stampa della Provincia: «Gli artisti ringraziano i cittadini per la resilienza nella pandemia da Covid-19 con le performance di strada #thanksforcaring. Attraverso la comunicazione non verbale il duo di artiste pone in risalto l’importanza di osservare le regole di comportamento: mantenere la distanza e indossare la mascherina. Le due performer propongono il tema della vicinanza e della distanza utilizzando contemporaneamente un doppio ombrello rosso, con la distanza di sicurezza di un metro, a simboleggiare la ‘distanza di collegamento’. In occasione delle azioni, ai presenti sono stati regalati degli adesivi con gli slogan con i quali vien detto grazie per portare la mascherina e per il mantenimento della distanza di sicurezza».

L’articolo potrebbe chiudersi qui, ma il mormorio di sottofondo del «Sarai mica diventato un No-mask anche tu?», l’«Ecco, è così che si diffonde il contagio, a Parigi le terapie intensive sono piene» merita un qualche approfondimento, una piccola spiegazione. Personalmente, rispetto le regole, e mi vaccinerò appena possibile. Indosso la mascherina da oltre un anno, la prima, a strisce bianche e rosse, me la sono legata dietro le orecchie quando la maggioranza dei miei concittadini girava con lo scaldacollo provinciale sotto al naso. Premesso questo, in Italia si è ancora in grado di ascoltare un’opinione senza chiedersi «ma questo da che parte sta?».

La polarizzazione di ogni notizia, (che spesso non è nemmeno una notizia), sembra aver avuto effetti disastrosi. In troppi danno ormai per scontato che «chi non è con me è contro di me», terzo non dato, dimenticando che si schiera smette di considerare che l’avversario possa avere qualche ragione Ma alla Gare de l’Est di Parigi non si è protestato, non si è impugnato un microfono per urlare «lavoro, lavoro» o per insultare il “nemico”, più semplicemente si è voluto ricordare che la vita è un’altra cosa, molto diversa da quella che abbiamo vissuto in questo ultimo anno. Come recita il brano «Danser encore»:

Siamo uccelli di passaggio, mai docili né veramente saggi. Non promettiamo fedeltà. All’alba in ogni circostanza. veniamo a rompere il silenzio, e quando la sera in TV il buon re annuncia la sentenza, facciamo prova d’irriverenza, ma sempre con eleganza.

Ma quel che infastidisce maggiormente della manifestazione del 9 aprile a Bolzano è quel «Gli artisti ringraziano i cittadini». Perché la performance andata in scena in piazza Magnago non ha nulla a che vedere con l’arte,  trattasi di propaganda, tanto che si distribuivano «adesivi con gli slogan» con il beneplacito della Giunta Provinciale.

Iniziativa più che legittima, ma lasciamo perdere l’arte. A Bolzano si è ostentata la solita reverenza,  nulla che avesse un minimo di valenza culturale. Se è concesso un paragone ornitologico, qui si vedono pochi “uccelli di passaggio” e molti più tacchini, che come noto, ingrassano bene, ma non sono più in grado di volare. Se qui si è parlato del flash mob di Parigi è perché, finalmente, il fastidio per le restrizioni che tutti sentiamo sulle pelle ha preso una via artistica, puntando sui proprio sentimenti e non sul “nemico”. Non è andata in scena la protesta contro la “dittatura sanitaria”, non si è espresso un lamento, ma la voglia di tornare a vivere esplosa in uno spazio pubblico, presumibilmente senza un permesso provinciale.  Detto altrimenti, Politica con la P maiuscola, o se si preferisce, cultura, non quella lite infinita tra fazioni identitarie che contraddistingue la politica italiana da almeno un ventennio.

“La vita è altrove” non è solo il titolo di un libro di Milan Kundera in cui si ricorda che essere padroni di uno spazio chiuso in cui si fa quel che si vuole non significa essere liberi.

 

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