L'architettura in Alto Adige secondo Roland Baldi

Entrando nello studio di architettura “Roland Baldi Architects” di Bolzano, un’intera parete è dedicata ai premi e ai riconoscimenti internazionali. In effetti, quasi non c’è progetto dell’architetto bolzanino che non ne abbia ricevuto uno: tra gli ultimi il prestigioso “Iconic Award Innovative Architecture Best of the Best” per la piazza della stazione di Collalbo, a Renon. Un vizio, quello dei premi che sembra non avere fine: allo stesso progetto verrà conferito, a Roma, anche il premio Simonetta Bastelli “Architettura e Natura”.
Linee pulite, grande attenzione al contesto e puntigliosa ricerca sui materiali caratterizzano i progetti di Baldi, capaci di imporsi con la forza iconica della semplicità. Una forza semplice che attraversa i numerosi edifici -molti nello spazio pubblico- che in Alto Adige portano la sua firma, come la Funivia di Merano 2000, la sede di TechnoAlpin, la caserma dei Vigili del Fuoco di Fleres o il Centro di protezione civile di Renon, solo per citarne alcuni.
Partendo dal suo lavoro, da cosa lo ispira e lo guida, abbiamo parlato con Roland Baldi (che tra l’altro è anche vicepresidente della Fondazione Architettura Alto Adige) delle sue visioni sull’architettura -di qualità e non- in Alto Adige e a Bolzano.

Il suo motto è simple but different: in concreto, come si riflette questo principio in uno degli ultimi suoi progetti premiati, quello per la piazza della stazione di Collalbo?

Anche se suona banale, per me è importante guardare al contesto. Te lo insegnano già all’università, ma più vado avanti e più capisco quanto sia fondamentale. Intendo il contesto in senso allargato, non solo rispetto al paesaggio e al terreno, ma anche nella dimensione delle relazioni, sociali e culturali. Nel caso specifico la piazza della stazione si lega -nella scelta dei colori e materiali-ad un altro progetto realizzato a Renon, il Centro per la protezione civile. Per me un buon esempio di cosa intendo per analisi del contesto.

Ovvero?

Nel caso del Centro di protezione civile, ho cercato di addolcire le linee razionali e pulite dell’edificio, che rispondono ad esigenze tecniche e funzionali, guardando al contesto vicino. In particolare, per il rivestimento della facciata mi sono ispirato al colore e alla struttura del terreno delle piramidi di terra. E così è nata la particolare facciata dell’edificio, che risulta “calda”, con il calcestruzzo gettato a 50 cm e compattato a fasce, a mano. A vederla finita sembra semplice, ma dietro c’è un grande lavoro frutto di tante attenzioni: ad esempio era importante avere la stessa squadra al lavoro su tutto la facciata, per avere la stessa mano. Questa per me è una soluzione semplice, ma con un qualcosa che la rende speciale, different.

 

Il Centro di protezione civile di Renon. Foto Oskar Da Riz

A cosa occorre stare attenti secondo lei nei progetti di architettura, in particolare nello spazio pubblico?

Oltre al contesto, che ho già citato, la questione della sostenibilità è fondamentale, è una responsabilità che tocca anche noi architetti. Al di là delle normative, vedi casa clima etc. cerchiamo di dare il nostro contributo oltre ai regolamenti, come ad esempio cercare di costruire in modo compatto, e, dove possibile, sfruttare l’espansione in verticale, con costruzioni ipogee o semi ipogee per utilizzare il meno terreno possibile.

Anche alcuni recenti progetti di negozio in centro hanno sfruttato il principio di “andare sotto terra”, vedi Palazzo Campofranco…

O in via Museo, nel negozio Upim aperto da poco. Si, si tende a collocare i supermercati sottoterra, dietro c’è una motivazione economica perché i costi per gli affitti nei seminterrati sono più bassi.

A proposito di questioni economiche: avverte anche lei il problema dell’esplosione dei costi e degli appalti bloccati?

Fin troppo! Passo gran parte del mio tempo a studiare come ridurre i costi, dividere in lotti i progetti…

Di quanto sono aumentati i costi?

Del 30/35% e anche più. Per fare un esempio, attualmente lavoro a una scuola materna, secondo il progetto preliminare di un anno e mezzo fa  doveva costare circa due milioni e mezzo, ora ne costa quasi quattro …

Roland Baldi. Foto Oskar Da Riz

Allargando lo sguardo dal singolo edificio al contesto urbano e provinciale: le città comunicano e “parlano” anche attraverso l’architettura. Cosa le “dice” Bolzano? E l’Alto Adige?

Bolzano racconta un passato storico molto importante a livello architettonico e non solo nel centro storico… racconta storie nuove, anche interessanti, con nuovi cantieri. Ma potrebbe anche raccontare un po’ di più, sembra un po’ addormentata, in tutti i sensi, a livello architettonico e non solo, urbanistico e non solo. Negli ultimi anni ci siamo persi un po’, mi sembra. Guardiamo all’areale ferroviario, ne parliamo da decenni, per fortuna alcuni giovani colleghi hanno iniziato a discutere di un uso temporaneo di quest’area. Sarebbe ora di costruire poi, c’è grande fabbisogno di case.

Quello della difficoltà a trovare case in affitto e dei relativi prezzi è un problema che tocca molto i locali e chi viene da fuori, lavoratori e studenti compresi …

Gli affitti sono altissimi, è un problema con cui mi confronto direttamente: ci sono molti architetti che si trasferirebbero volentieri qui per lavorare nel mio studio, amano le montagne e la città, ma poi non possono permettersi di abitare a Bolzano. Per gli studenti dell’università è ancora peggio.

Prendendo più decisioni a livello politico.Rispetto alla “Baukultur”, la cultura del costruire in Alto Adige: sappiamo che c’è differenza tra edilizia e architettura. Secondo lei nel nostro territorio c’è abbastanza consapevolezza su questo punto?

Secondo me no. Quando mi trovo a girare per il resto d’Italia o all’estero sento che c’è molto la percezione di quanto in Alto Adige siamo bravi con progetti architettonici d’eccellenza… ma questo rispecchia solo una percentuale ridotta del totale. Se guardiamo all’edilizia in generale ci sono tante case semplici o masi con bassa qualità. Questo tocca anche le zone produttive, dove si vedono tanti edifici con poca qualità – cosa che non succede in Svizzera o nel Vorarlberg.

Da cosa dipende?

Si tende a pensare che sia una questione di soldi, io dico sempre che la buona architettura si può fare anche con materiali “poveri” e non deve costare necessariamente di più, come dimostrano molti miei progetti.

Insomma, è una questione di cultura.

Si, tornando al discorso di prima, in Alto Adige le eccellenze sono un po’ la punta dell’iceberg ma a livello più ampio non c’è una cultura profonda -non solo architettonica- e questo va in un certo senso ad incidere anche sull’edilizia.

Incontra difficoltà nel far accettare i suoi progetti, intendo nelle soluzioni a livello estetico e architettonico, qui in Alto Adige?

Ho la fortuna di lavorare in gran parte a progetti pubblici quindi, una volta risposto alle esigenze funzionali, ho in genere mano libera. Una situazione ben diversa rispetto a quando si realizzano progetti per le case private.

In Alto Adige si discute spesso dell’architettura in alta quota, ultimamente del rifacimento del rifugio Santner sullo Sciliar -Catinaccio, cosa ne pensa del progetto?

Non vedo contraddizioni, anzi. L’architettura che vogliono proteggere non ha una grande tradizione è stata fatta da austriaci e germanici con linguaggi che non erano nemmeno quelli locali. Alla fine tanti conservatori vogliono mantenere cose che non hanno tutto questo valore architettonico: penso che una buona architettura contemporanea abbia più senso di un vecchio edificio.

Per chiudere: ha un suo posto preferito a livello architettonico a Bolzano, che pensa particolarmente riuscito e le piace ?

(lunga pausa) Dove sto volentieri?

Esatto

E’ banale se dico il bar dell’Hotel Laurin? E’ un bel contesto e c’è una bella atmosfera.

Immagine in apertura: la Caserma dei Vigili del Fuoco di Fleres. Foto Oskar Da Riz.

 

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