Accesso al credito «miraggio» per le piccole aziende

«Il perdurare di difficoltà nell’accesso al credito rischia di trasformarsi nel vero freno alla ripresa della nostre imprese e della nostra economia. È inimmaginabile pensare di poter accompagnare compiutamente la ripresa, in presenza di una riduzione costante dello stock di credito a disposizione delle imprese. È doveroso ricordare che nessuna impresa, in nessun paese normale, può lavorare senza il pilastro del credito. Le piccole imprese hanno pagato e stanno pagando più di altre gli effetti della crisi, ed è davvero difficile pensare che la ripresa della nostra economia possa prescindere dal sostegno ad un comparto tanto importante per il nostro sistema produttivo». Claudio Corrarati, presidente regionale della CNA-SHV dell’Alto Adige, commenta così l’analisi del Centro Studi Cna sul tema “Può reggere la ripresa senza credito?”.

«Nonostante i segnali di ripresa siano ormai sufficientemente saldi, seppur graduali, i dati relativi all’erogazione di credito al complesso delle attività produttive – rileva il Centro Studi CNA – continuano ad essere negativi. Da dicembre 2011 ad agosto di quest’anno, lo stock di credito bancario alle imprese non finanziarie è diminuito di 173 miliardi di euro, ovvero del 17,4%. Un trend che continua ad essere negativo, anzi, da maggio ad agosto di quest’anno la riduzione si è fatta ancora più marcata: oltre 40 miliardi in meno solo in questo periodo. Eppure, finalmente inizia a scendere il dato relativo alle sofferenze, dopo essersi sostanzialmente stabilizzato dal 2015, negli ultimi mesi si registra una diminuzione di 25 miliardi (da 160 a 135, pari al 15%)».

Il Centro Studi CNA sottolinea che la continua erosione del credito «si presenta in forte contraddizione con l’andamento del Pil. Sovrapponendo le dinamiche del Pil a quelle dei prestiti all’economia reale del nostro Paese, sorprende come vi sia una divaricazione che, dal 2014 in poi, tende ad essere sempre più marcata, fino al dato più recente che presenta un divario di oltre 6 punti percentuali. I segnali di ripresa, il miglioramento del clima generale, hanno prodotto effetti positivi anche sulla raccolta delle banche italiane, la cui dinamica vede, in particolare, una crescita significativa dei depositi dei residenti. Denaro comprato ormai a bassissimo costo, che dovrebbe essere reimmesso nell’economia reale. Questa crescita, peraltro, dovrebbe consentire di ritenere superato un limite spesso evocato negli anni più difficili, ovvero il disallineamento tra raccolta e impieghi».

Nonostante gli interventi della BCE, la raccolta che migliora e l’economia che riparte, perdurano forti criticità nell’accesso al credito per le imprese, specie per quelle di minori dimensioni. Un’evidenza, questa, che si è acuita dopo gli interventi della BCE. La variazione percentuale sui 12 mesi dei prestiti bancari alle imprese con meno di 20 addetti continua a muoversi in terreno negativo (- 1,4%, ultimo dato riferito a maggio 2017), mentre per le imprese più grandi il trend è tornato positivo dalla metà del 2016.

«Quando parliamo delle imprese con meno di 20 addetti – evidenzia Corrarati –  parliamo di oltre il 98% del nostro tessuto produttivo, che contribuiscono al 58% dell’occupazione ed al 41% del valore aggiunto nazionale. Imprese per le quali ancora il credito bancario è l’unica fonte di approvvigionamento possibile, ma si trovano oggi di fronte ad un sistema bancario completamente fuori sintonia rispetto alle loro reali esigenze: questa è la vera emergenza che non si può più eludere. L’adozione di standard sempre più stringenti porta le banche a privilegiare sempre più imprese con bassissimo profilo di rischio, evitando così un aggravio degli accantonamenti, e a ricercare maggiori garanzie per mitigare il rischio, così da mantenere bassi i potenziali impatti in termini di perdita attesa. Diventa pertanto fondamentale garantire complessivamente, Istituzioni, sistema del credito e sistemi di rappresentanza delle imprese, un presidio valido, soprattutto affinché sia preservato da effetti negativi il nostro sistema imprenditoriale. Al contempo, occorre rigenerare l’interesse delle banche verso le piccole imprese. Una clientela più difficile da analizzare e che genera minori margini di redditività. Su questi aspetti occorre valorizzare il ruolo delle Associazioni di categoria e dei loro strumenti, ovvero i Confidi di matrice associativa, quali soggetti utili a garantire non solo informazioni puntuali sulle imprese stesse, ma anche semplificazione dei processi e dei relativi costi».

«Non vogliamo però nemmeno che le banche rimandino alle cooperative di garanzia Confidi e Garfidi il compito di creare le condizioni per erogare credito alle Pmi – conclude Corrarati -. Noi piccoli veniamo visti come una clientela più difficile da analizzate e che genera minori margini di redditività, ma non possono essere questi i motivi per accantonare le pratiche delle piccole aziende per mandare avanti solo quelle delle aziende più strutturate. Non è pensabile che le banche, che oggiricevono denaro a basso costo, anziché immetterlo sull’economia reale lo utilizzino per operazioni finanziarie che non creano posti di lavoro e non sostengano le imprese».

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