Aborto in Alto Adige, cosa non funziona oltre gli obiettori. Parola a Silvia Camin (AIED)

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Bolzano. “Per molte donne interrompere una gravidanza vuole dire salvarsi la vita. È una rinascita, una liberazione. Vorrei mettere in discussione l’aspetto del dramma, anche perchè c’è un certo atteggiamento diffuso per cui più o meno esplicitamente il messaggio è: glielo concediamo, ma solo se è pentita e sofferente, allora si può essere sollevata. Invece deve andarci bene, l’interruzione volontaria di gravidanza è una scelta di autodeterminazione”. Silvia Camin, Presidente del consultorio AIED di Bolzano ci risponde ferma e precisa quando le chiediamo un confronto sul tema dell’Ivg- interruzione volontaria di gravidanza e di come viene vissuta in Alto Adige, considerato anche il suo punto di vista privilegiato, quello di una realtà come l’AIED che su questi temi ha un confronto sul campo da oltre cinquant’anni. Contattiamo Camin per commentare alcuni elementi emersi dall’ultima relazione annuale del Ministero della “Salute in materia di tutela sociale della maternità e interruzione volontaria di gravidanza (IVG)” pubblicata lo scorso autunno. Nel paragonare i dati relativi all’Alto Adige, in particolare nel confronto con altre regioni italiane, la Provincia di Bolzano sembrerebbe infatti arrancare ed essere rimasta “indietro” – ad esempio per quanto riguarda la diffusione dell’Igv farmacologica e la capillarità del servizio di consulenza sul territorio. Ma partiamo con un dato noto e già molto discusso in passato: l’alta percentuale di medici obiettori di coscienza in Alto Adige – che sarebbe superiore all’85% del totale secondo le informazioni dello stesso assessore alla salute Messner (dati riferiti al 2023), contro una media nazionale che del 60,5%, in calo rispetto al 2021, in cui gli obiettori erano il 63,6% (vedi la relazione del Ministero, dati riferiti al 2022). “Si è vero, la Provincia di Bolzano ha un numero di obiettori molto alto, ma in realtà, poiché le strutture sono convenzionate con ginecologi esterni il diritto delle donne è garantito. Da molti anni non ci risulta che ci sia una difficoltà a interrompere la gravidanza” precisa Camin. Paragonando la situazione altoatesina con il resto d’Italia, un dato che balza agli occhi è il fatto che l’Ivg viene praticata in Alto Adige solo in due strutture ospedaliere su 7 (quindi il 28,6%). Questo aspetto accomuna la nostra Provincia solo alla situazione della Campania, mentre sul resto del territorio nazionale la percentuale è del 61,1%. Semplificando ciò significa che fuori dall’Alto Adige, sono molti di più i luoghi sul territorio a cui una donna può rivolgersi per l’interruzione volontaria di gravidanza: basta guardare il vicino Trentino, in cui le sedi sono 10 su 12, quindi 83%.
“Si, la difficoltà è che sono solo gli ospedali di Bolzano e Merano a effettuare l’intervento; quindi, chi proviene dalle “periferie” deve rivolgersi ad una di queste strutture. Questo ha pro e contro, è vero che spostarsi può essere disagevole, ma dall’altro canto una struttura più grande garantisce maggiore anonimato rispetto ad un piccolo centro delocalizzato” dice Camin e continua “un altro aspetto che andrebbe incentivato e che attendiamo dal 2021 è la facilità di accesso a ricorrere all’aborto farmacologico. Questo rimane un tema importante e dovrebbe essere possibile sul territorio, con procedure più semplici, ma la periferia non si è mai attivata, e si attendono ancora le linee guida in questa direzione da parte dell’azienda sanitaria”.
Anche qui emerge un ritardo dell’Alto Adige. Secondo la relazione ministeriale, a livello nazionale nel 2022, per la prima volta in assoluto, le Ivg farmacologiche hanno superato quelle chirurgiche in risposta alla maggiore applicazione da parte delle Regioni di quanto stabilito dalla circolare del 12 agosto 2020 del Ministero della Salute – Aggiornamento delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con Mifepristone e prostaglandine”. Nel 2022 il solo Mifepristone e la sua associazione con le prostaglandine sono stati utilizzati nel 50,9% delle Ivg rispetto al 47,2% del 2021. Mentre le Marche (71,7%), il Molise (72,1%) e la Provincia Autonoma di Bolzano (58,0%) sono le Regioni con le più alte percentuali di isterosuzione. Secondo i più recenti dati Astat, nel 2023 gli aborti farmacologici in Alto Adige sono stati il 45,9% su un totale di 547.

Arriviamo poi ad un altro dato della Relazione ministeriale che attualmente è un tema particolarmente caldo in Alto Adige anche perché è legato alla recente approvazione, il 9 maggio scorso, della nuova Legge provinciale sulla riforma dei consultori familiari (ne abbiamo scritto qui). Parliamo del dato relativo alla consulenza sul territorio riguardo all’Ivg: su 33 consultori solo 3 darebbero assistenza e informazioni in materia di interruzione di gravidanza, quindi il 9% : molto pochi quindi rispetto al totale, mentre in altre regioni le percentuali sono alte. Anche in questo caso non serve guardare lontano: in Provincia di Trento i consultori che danno assistenza alle donne sul tema sono 10 su 12, quindi l’83%. Come si spiega questa discrepanza? “In realtà quei 33 consultori non sono veramente dei consultori” precisa Camin. “Vede, sono stati semplicemente rinominati dei servizi esistenti che di fatto sono strutture sanitarie, ambulatori ostetrico ginecologici per il supporto alla gravidanza e alla maternità. Ad oggi, i consultori laici che si occupano di consulenza sul tema dell’Ivg sono solo 3: il Lilith di Merano e a Bolzano L’Arca e l’Aied” continua Camin. I 30 “consultori” non sarebbero quindi tali, almeno ad oggi (ne abbiamo parlato qui). “Negli anni ottanta la convenzione con i consultori era stata fatta perché non esisteva nulla, c’erano solo gli ospedali… negli anni i servizi territoriali si sono occupati dell’urgenza e della parte di sostegno alla gravidanza e al dopo parto, con ambulatori materno infantili -anche per un discorso culturale è stato privilegiato quel settore” continua Camin. Insomma, ci si è focalizzati solo sulla dimensione della maternità, mentre gli aspetti relazionali della sessualità non sono stati presi in considerazione, in una visione della donna vista fondamentalmente solo nel ruolo di madre? “Esatto. E insisto: anche se il diritto all’aborto è ‘coperto’ in Alto Adige si può fare di più”. Ad esempio? “Rispetto alla promozione della contraccezione, all’educazione all’affettività nelle scuole e alla gratuità dei contraccettivi: sono temi essenziali e importantissimi. Rimangono le richieste di Frauenmarsch di due anni fa e la proposta dei Verdi per rendere gratuita la contraccezione per le giovani donne, che non è stata approvata”. C’è poi un ulteriore punto che è quello delle donne straniere: un terzo delle interruzioni di gravidanza praticate in Alto Adige riguarda loro. “Se vogliamo prevenire dobbiamo far sì che tutte abbiano le stesse opportunità. Poter entrare nelle scuole, informare sulla contraccezione e renderla accessibile non cancella la questione ma può contenere i numeri. E questo vale anche per le nuove cittadine. A prescindere dallo status le scuole dovrebbero essere quel contesto democratico che aiuta a fare scelte consapevoli” conclude Camin.

(abbiamo posto gli stessi quesiti all’Assessorato alla prevenzione sanitaria e alla salute della Provincia di Bolzano, a cui verrà dato spazio in un articolo la prossima settimana)

Caterina Longo

Immagine in apertura: foto Jasmine/unsplash

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