Bolzano Danza: l'orchestrato disordine di "Louise" di Martin Zimmermann diverte il pubblico

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Bolzano. Lo spettacolo “Louise” di Martin Zimmermann, andato in scena in prima italiana al Teatro Comunale di Bolzano all’interno del Festival Bolzano Danza 2025 lo scorso 30 e 31 luglio, nella prima edizione curata da Anouk Aspisi e Olivier Dubois, è un omaggio a Louise Bourgeois. Forse non tutti conoscono Bourgeois, che comunque è considerata tra le grandi artiste del Novecento, ma molti hanno presente la sua “Maman”, l’enorme scultura-ragno che campeggia davanti al museo Guggenheim di Bilbao. Bourgeois ha sempre detto che il ragno s’ispirava alla madre, che era stata tessitrice, e poi i ragni mangiano le zanzare, sono utili… ma è chiaro che i nove metri d’altezza di Maman non sono solo rassicuranti e suggeriscono un sottotesto dal fascino ambiguo. Ambiguo come le figure che compongono la banda tutta al femminile dello spettacolo “Louise”.

Basta poco per capire da subito che il tributo di Zimmermann a Bourgeois non è didascalico, ma più nell’approccio in quella che il regista e coreografo svizzero ha definito una “ricerca che richiede di rimuovere strati, essere accurati, aggressivi e disordinati, ma anche intuitivi. Bourgeois lavorava con la pietra; noi con i corpi sul palco”. In effetti, “Louise” investe spettatori e spettatrici con il suo allegro disordine e la sua leggiadra scompostezza ancor prima di cominciare.
Mentre il pubblico prende posto delle figure-pupazzo interamente vestite con un tutone nero -un po’ Gabibbo noir, un po’ Teletubbies dark- si aggirano tra la biglietteria e le poltrone, si mettono in mezzo, disturbano un po’. Ma con grazia. Può capitare di trovarsi strette in un lungo abbraccio con l’uomo? la donna? nera, in un gioco a senso unico perché il suo volto è sempre coperto, l’identità celata. E in fondo non è così male come si penserebbe. Ma non sveliamo di più.
Non è questo l’unico momento di rottura della “quarta parete” durante lo spettacolo; il gioco non è nuovo, anzi, eppure un po’ di sano scompiglio diverte il composto pubblico bolzanino. E in fondo c’è qualcosa di più sottile, un continuo sconfinamento tra ruoli, quello di chi guarda e chi si mette in scena, e di luoghi e contesti, là il palco, qui la platea. Uno scompiglio che continua anche quando lo spettacolo ha inizio. E’ infatti evidente anche a noi profani che non si tratta di danza purissima, ibrido è forse l’aggettivo più giusto, un mix di danza, teatro, cabaret e talentuose acrobazie – da cui traspare la formazione (anche) circense di Zimmermann.

Impossibile parlare di trama e non avrebbe senso, però mentre sul palco si scatena la scalmanata e talentuosissima cricca delle quattro interpreti – Bérangère Bodin, Eline Guélat, Rosalba Torres Guerrero e Marianna de Sanctis– storie, emozioni e ritratti femminili arrivano eccome, spesso come specchi impietosi di chi è seduta in poltrona. “Louise” ci presenta figure di donne autorevoli e autoritarie, ironiche, sexy, ribelli. Ma anche litigiose, vanesie, capricciose e altalenati. Donne “no, no e poi no!”. Donne-corpo, fatte di sole gambe o soli capelli, che si muovono con effetti spesso comici, al confine con lo slapstick. Non sappiamo come “Louise” riesca a tenere insieme danza e circo, personaggi con look e movenze del Michael Jackson dei tempi migliori e prefiche della tragedia greca, momenti di poesia che ricordano le fanfole di Folco Maraini, l’hula hoop e l’ave Maria (recitano anche quella, si). Ma ci riesce perfettamente, in un orchestrato disordine. Nonostante l’apparente “caciara” di registri e generi, il divertimento prevale sull’autocompiacimento e la “pesantezza” – rischi che si corrono quando si affrontano temi come l’identità, il femminile e i femminismi. Ed è forse questa la forza dello spettacolo, il fare del non prendersi troppo sul serio un punto di seria professionalità. Un approccio che ci piace e ci ricorda Milan Kundera quando diceva che l’incapacità di ridere è tipica dei totalitarismi.

Immagine in apertura: le interpreti di “Louise” di Martin Zimmermann
foto Admill Kuyler / Festival Bolzano Danza

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