Morozov, l'inganno dei social e la politica ostaggio della Silicon Valley

Il capitalismo digitale fondato sull’estrazione dei dati (i nostri dati) sta per stringere la presa: presto non avrà più bisogno di noi e del nostro lavoro gratuito e inizierà a fornirci servizi premium per «proteggerci» dalle fake news che esso stesso propaga. Come? Grazie all’intelligenza artificiale che, grazie al nostro lavoro quotidiano, stiamo contribuendo a costruire e a una politica ostaggio delle retoriche neocapitaliste e neoliberiste della Silicon Valley, della sharing economy e della smart city. Facebook, Amazon e Google come nuovi rappresentanti del capitalismo, sfruttatori di dati travestiti da agnellini del progresso tecnologico. Potrebbe essere questo il sunto delle oltre due ore e mezza di intervento che Evgenj Morozov, editorialista del Guardian e sociologo «critico» dei social media, ha tenuto a Bolzano, al liceo Carducci, venerdì 26 maggio all’interno del programma Farmaco-logico organizzato da CanaleScuola. Un intervento trasmesso in diretta da Alto Adige Innovazione e che ora potete rivedere integralmente all’interno di questo articolo. Perché fare una sintesi del pensiero di Morozov non è certo semplice. Molto meglio sentire l’originale.

«Il nuovo capitalismo digitale si fonda sull’estrazione dei dati» ha spiegato Morozov, intervistato dal giornalista Marco Angelucci, presidente dell’Assostampa dell’Alto Adige. «Cinque anni fa, infatti, hanno scoperto che i dati possono creare sistemi di intelligenza artificiale grazie a sistemi di deep learning. Ogni giorno lavoriamo per Google e Facebook aiutandoli a sviluppare programmi che riconoscano oggetti, foto, testi». Il tutto gratuitamente: le piattaforme social per noi e il nostro lavoro per loro. «Le piattaforme forniscono il servizio gratis perché i nostri dati hanno un valore che le aziende possono utilizzare. Tra 5-10 anni non avranno più bisogno di noi perché avranno prodotto i sistemi di Intelligenza Artificiale che sono il vero obiettivo di tutte queste imprese». Noi questo processo, secondo Morozov, non riusciamo a capirlo e per questo continuiamo a dare i nostri dati gratuitamente. «Se vogliamo costruire un sistema dove non ci sia la possibilità di diffondere fake news noi dobbiamo creare un’altra infrastruttura che sia in grado di finanziare la produzione dei dati e la produzione del contenuto online non collegati alla logica dell’estrazione dei dati. Senza un’alternativa alla creazione e distribuzione dei dati non si possono evitare fake news». Una lettura chiara: le fake news sono consustanziali a questa tipologia di informazione, basata sulla velocità e sulla dipendenza della logica della condivisione. «Gli altri sistemi di contrasto di cui si discute adesso, proposti dai governi, sono in realtà un’accelerazione della nostra dipendenza da questi sistemi: combattere le fake news con l’intelligenza artificiale è una perpretazione del capitalismo digitale, è solo un sistema per consegnare a questi giganti del capitalismo digitale ancora più dati».

La sudditanza della politica

Un programma che trova il miglior alleato tra i politici di tutto il mondo occidentale. «I politici non hanno un altro programma che accelerare lo sviluppo delle piattaforme digitali. Incontrare i manager di Google, Amazon e Facebook è una cosa chic: dieci anni fa c’era un sacco di gente che pensava potessimo accelerare la caduta dei regimi autoritari grazie. Era evidente già allora che anche i governi autoritari utilizzavano questi messi e strumenti per censurare, fare propaganda. I governi pagano e pagavano i blogger per fare discussioni online a favore dei governi». E allo stesso modo, come dieci anni fa credevamo alle Primavere arabe via Twitter, ora la politica addossa ai social media che tanto osanna responsabilità assolutamente irrealistiche. «Non si può pensare che siano i social media i responsabili dell’elezione di Trump. Questo non significa non capire il capitalismo digitale, ma il capitalismo in quanto tale. Il Partito Democratico invece di parlare di quello che non capisce della società addossa la colpa ai social media.  Se vogliamo evitare un altro Trump non basta parlare di Facebook. L’intelligenza artificiale che invochiamo rischia di essere peggio delle fake news».

America e Cina vs Europa

Che fare quindi? Discuterne, cambiare lo status della proprietà dei dati, fare sperimentazioni a livello locale che valorizzino i dati come patrimonio pubblico. Anche perché la dimensione capitalistica non è l’unica a contare in questa battaglia, c’è anche una rilevantissima dimensione geopolitica: in questo scenario l’Europa è una vittima di Usa e Cina. «E in questo – aggiunge Morozov – il problema in Europa è dipingere la questione per quel che è. Facebook, Google e Amazon passano più per Ong interessate a risolvere problemi tecnologici che come un serio nemico». E così la dittatura della spesa pubblica e dei tagli si sposano con la retorica della smart city e della sharing economy: a vantaggio dei cittadini? A ben vedere a vantaggio dei pochi nuovi padroni dei nostri dati.

 

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