Per chi suona il campanello? La chiesa altoatesina con citofono e zerbino

Chiese trasformate in librerie, in pub, ristoranti, abitazioni private ed – ebbene sì – persino skatepark: le cronache degli ultimi anni ci hanno abituato a non meravigliarci più di fronte al riutilizzo del luogo sacro per eccellenza, la chiesa. Gli esempi di chiese sconsacrate e destinate ad altri usi abbondano, soprattutto fuori dall’Italia: dal The Jane Restaurant di Anversa al The Church Bar di Dublino, dalla Selexyz Dominicaen di Maastricht (lussuoso ristorante) alla celebre e coloratissima Chiesa Skatepark di Llanera, in Spagna. Ma la lista sarebbe ancora lunga. Queste ridestinazioni un po’ stupiscono e talvolta suonano bizzarre. Perché un luogo non è solo la semplice funzione che esercita, e non si identifica solo con le sue mura (esempio classico: la scuola). Un luogo, a maggiore ragione quello sacro, è anche, e soprattutto, l’immagine mentale e sociale che evoca, i valori e le aspettative che proiettiamo su di esso.

È partito da qui Thomas Huck, giovane artista e architetto bolzanino, che vive e lavora a Vienna, per la sua singolare installazione “La chiesa dove ha il suo campanello?”. Il progetto ha coinvolto la chiesa parrocchiale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a Castelrotto , in provincia di Bolzano, ed è stato realizzato nel 2018 nell’ambito dell’iniziativa Ars Sacra.
Per i fedeli cristiani “La chiesa è la santa assemblea di coloro che vivono in giustizia… la casa spirituale di Dio”. Ma cosa accade se prendiamo alla lettera questa affermazione, ovvero consideriamo la chiesa come una vera e propria casa?

Prendendo spunto dalle fonti antiche come il “Commento a Daniele” di Ippolito di Roma, Huck si è concentrato sull’ingresso della chiesa, sul momento del “varcare la soglia”, facendone lo snodo concettuale della sua opera.
L’artista ha così trasformato, per tutta la durata del progetto, l’ingresso della Chiesa parrocchiale di Castelrotto nell’ingresso di una casa, con tanto di zerbino, citofono, cassetta delle poste, tenda e scarpiera all’esterno. ”Ho creato una entrata minimalista in netto contrasto con il portale della chiesa – creando un senso di spiazzamento e inadeguatezza, a livello estetico, ottico, ma anche sul piano metaforico” così l’artista, e continua: “La ragione per cui una chiesa è più di una semplice casa è proprio il valore aggiunto che le viene attribuito attraverso la religione. Come centro sociale della comunità di fede cristiana, la chiesa è, come nella citazione biblica, un luogo che va al di là della sua presenza fisica. È simile ai concetti di casa o comunità. Con la mia installazione ho voluto tematizzare questo doppio livello e rappresentare questa ambiguità o sovrasenso di parole, luoghi e cose. Non mi interessava dare un giudizio su questa ambivalenza – credo che questo dipenda dalle persone che usano i termini. Un parlamento, per esempio, è per la democrazia anche un luogo con un valore aggiunto speciale, che, come la chiesa, si cerca di sottolineare attraverso l’architettura, ma in realtà diventa speciale non per questo, ma perché la gente crede nel concetto che c’è dietro.”
L’installazione di Huck ha così innescato un interessante cortocircuito sul “sentirsi a casa” nella propria chiesa, e su cosa significasse “sentirsi accolti”, attirando l’attenzione non solo della comunità paesana, ma anche, come immaginabile, di molti turisti. Non sono mancate le difficoltà iniziali e le necessarie mediazioni ed incontri tra gli organizzatori del progetto e la comunità. Eppure, come testimonia la documentazione fotografica di Leonhard Angerer, i fedeli, a quanto pare, hanno accettato il compromesso “alla fine ho constatato, con piacere, che hanno cominciato a varcare la soglia della chiesa con lo stesso atteggiamento con cui sarebbero andati da un amico per partecipare ad una festa”.

Thomas Huck ha studiato al Royal Institute of Technology di Stoccolma e all’Accademia di Belle Arti di Vienna. Dal 2015 è attivo come “s_ss_ß Studio | Büro für Baukultur” con progetti e mostre a livello internazionale. Con “Bel-Étage”, un progetto per panchine nello spazio pubblico a misura di distanziamento sociale,  lo studio è stato tra i finalisti del premio “Die glorreichen 5” del Magazine “Baumeister”.

Per il progetto Ars Sacra, diversi artisti e artiste si sono confrontate con cinque edifici religiosi della Val d’Isarco. L’obiettivo era promuovere l’arte nello spazio pubblico, invitando a porre domande sul senso e i valori della vita. Il progetto è organizzato dalla Diocesi di Bolzano Bressanone, dal Südtiroler Kuenstlerbund e dal Museo Civico di Chiusa.

Caterina Longo

Foto di Leonhard Angerer

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