In Alto Adige stipendi delle donne più bassi del 17,2%: è il gender pay gap

Il primo gennaio un uomo e una donna decidono di acquistare con il proprio stipendio futuro lo stesso bene. A parità di lavoro, l’uomo può comprarlo il 31 dicembre, la donna ad aprile dell’anno dopo. Perché? Si chiama gender pay gap ed è il differenziale retributivo tra uomini e donne. In Alto Adige ammonta al 17,2% su base giornaliera. In pratica significa che le donne guadagnano meno. E i motivi sono tanti.

«Sebbene le qualifiche delle donne siano uguali o migliori rispetto a quelle degli uomini, spesso le loro competenze non ricevono lo stesso riconoscimento e la loro carriera è più lenta, fanno meno straordinari e a loro vengono affidati meno frequentemente incarichi di responsabilità» – spiega la Vicedirettrice dell’IPL, Istituto promozione lavoratori, Silvia Vogliotti. – Le donne in molti casi interrompono il percorso professionale per conciliare famiglia e lavoro, si assentano per lunghi periodi con la conseguenza a lungo termine che le pensioni femminili sono la metà di quelle maschili».

In occasione dell’Equal pay day 2016 l’IPL vuole riportare in primo piano il divario retributivo di genere, statisticamente calcolato come differenza tra il salario orario lordo di uomini e donne espresso in percentuale del salario maschile. In Alto Adige tale differenza ammonta (per i soli lavoratori a tempo pieno) al -17,2% su base giornaliera e addirittura al -27% su base annua (fonte ASTAT, su dati INPS).

Non è un caso che da anni l’Equal pay day in Alto Adige sia ad aprile, perché ci vuole fino ad aprile perché una donna guadagni quanto un uomo ha guadagnato al 31 dicembre dell’anno prima. In Italia tuttavia è vietato retribuite diversamente due persone che fanno lo stesso lavoro. E allora perché le donne sono pagate meno?

donne

Gender pay gap, le cause

I casi di discriminazione salariale esplicita e diretta sono pochi e puniti a norma di legge, ma il gender pay gap deriva il più delle volte da una combinazione di più fattori.
Il gap è dovuto innanzitutto alla sottovalutazione delle competenze delle donne, che sono viste come “tipicamente femminili” e non come indice di professionalità: un’infermiera guadagna in genere meno di un paramedico, pur vantando qualifiche analoghe. Molto spesso i lavori fisicamente pesanti (tipicamente maschili) sono meglio retribuiti di quelli di relazione e di cura (esercitati tradizionalmente dalle donne). Inoltre nei settori a prevalenza femminile, come quello delle pulizie, gli stipendi sono in genere più bassi rispetto a settori paragonabili dominati dagli uomini, come ad esempio quello della raccolta dei rifiuti. E lo stesso accade per le donne manager. Anche i premi di risultato – ovvero il salario integrativo – sono più diffusi in settori tipicamente maschili.

La tradizione e i ruoli di genere influenzano fortemente le scelte scolastiche e poi professionali di ragazze e ragazzi, per cui una laureata in Giurisprudenza si specializzerà nel diritto di famiglia piuttosto che nel diritto societario, e una laureata in Economia diventerà insegnante, mentre il suo collega uomo aprirà uno studio di commercialista, con esiti retributivi assai differenti.

Molte donne scelgono lavori part-time o vicino a casa per poter conciliare famiglia e vita lavorativa, rinunciando ad incarichi più prestigiosi, più remunerati, ma meno flessibili. Gli uomini fanno in media più straordinari delle donne, vanno più frequentemente in trasferta e si vedono assegnare incarichi e indennità aggiuntive.

I vantaggi del ridurre il gap

Le donne studiano mediamente di più e con maggior profitto dei loro compagni e nutrono giustamente aspettative sempre maggiori nei confronti della vita professionale: la riduzione del gender pay gap porterebbe alle aziende più talento, efficienza e prestazioni.

Una maggiore uguaglianza retributiva tra donne e uomini incide positivamente anche sull’economia e sulla società nel complesso, rendendola maggiormente equa e giusta. Perché la riduzione del gender pay gap sia possibile è indispensabile che anche gli uomini facciano la propria parte, supportando le aspirazioni e le scelte professionali della propria compagna, prendendo congedi parentali e condividendo più equamente i carichi domestici.

Colmare il gender pay gap significa dare alle donne la possibilità di guadagnare meglio lungo l’intero arco della loro vita, renderle economicamente indipendenti nel breve periodo, garantendo nel lungo periodo pensioni dignitose.

Differenze anche nelle pensioni

Il passo dal gender pay gap al gender pension gap è breve.  Il -17,2% di gap su base giornaliera, che cresce al -27% su base annua, porta nel lungo periodo a pensioni femminili che sono già oggi la metà di quelle maschili, con un “effetto cumulativo” a sfavore delle donne, esposte al rischio di povertà nella terza e nella quarta età.

Ne è conferma la notizia di ieri 13 aprile che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha firmato il decreto che prevede il part-time agevolato in uscita per i lavoratori ai quali mancano meno di tre anni alla pensione. Questo strumento rischia però di non poter essere sfruttato del tutto dalle donne, per effetto del diverso requisito anagrafico previsto in questi anni e dell’equiparazione nel 2018 dell’età tra maschi e femmine.

Rebecca Travaglini

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