L’alluvione, il clima e la democrazia: le lezioni di Faenza. Intervista al sindaco Massimo Isola

L’idea di questa intervista nasce dall’osservazione della pagina Facebook del sindaco di Faenza nella notte tra il 15 e il 16 maggio 2023. In quelle ore cadevano sulla Romagna fino a 300 ml di pioggia che causarono l’esondazione di 21 fiumi, allagamenti diffusi in 37 comuni e un migliaio di frane. Nonostante la tragicità del momento, e le emozioni conseguenti, dalla pagina social del sindaco Massimo Isola si faceva spazio una luce inattesa, non solo per la Romagna.
Quella notte la spirale avviatasi con Tangentopoli e proseguita con l’antipolitica e il populismo sembrava essersi interrotta, o almeno sospesa. Tranne rarissime e stridenti eccezioni, la retorica populista da una parte e la lamentela vittimista dall’altra sembravano scomparse. L’impegno per la soluzione dei problemi sembrava sommergere ogni divisione e ogni propaganda, alla stessa velocità con cui l’acqua  invadeva i campi e le valli della Romagna.
A cinque mesi di distanza da quegli avvenimenti, abbiamo chiesto a Massimo Isola, sindaco di Faenza dal 2020, di tornare a quelle difficili giornate di maggio, partendo da quelle che hanno preceduto l’alluvione.
“Era una giornata di sole primaverile – racconta – e ci siamo trovati a dover comunicare che nei giorni successivi saremmo stati messi in pericolo da un’ipotetica alluvione di cui nessuno sembrava aver paura. Non avevamo gli strumenti per capire come riuscire a risultare credibili, abbiamo cercato di raggiungere tutti i cittadini e, ovviamente, l’essere o il non essere collegati a internet ha fatto la differenza. Chi era online ci ha ringraziato per la comunicazione, mentre, per chi non lo era, abbiamo messo in moto i vecchi altoparlanti sulle auto e fatto volantinaggio casa per casa. Non sempre ha funzionato”.

Massimo Isola, sindaco di Faenza (Foto Comune Faenza)

E questo sembra essere il primo insegnamento…

Sì, è stata un’esperienza che credo possa essere utile ad altri. Perché abbiamo affrontato un dramma senza precedenti e senza i necessari strumenti e se il bilancio di perdite umane è stato ridotto, lo dobbiamo comunque a un lavoro di comunicazione e informazione stratosferico, che è risultato comunque insufficiente. Tra tutte le operazione messe in atto credo che la chiusura delle scuole sia stata la più importante, è risultata fondamentale.

Poi è arrivata l’alluvione, qual è la valutazione a cinque mesi di distanza? 

Ripeto, è stata un’esperienza senza precedenti, abbiamo compreso rapidamente di non avere in  mano gli strumenti che potessero reggere l’urto di un evento così catastrofico, ma abbiamo cercato di mettercela tutta per provare a temperare l’impatto dell’evento. A distanza di mesi, posso dire che si è trattato di un’esperienza umana drammatica, ma amministrativamente molto sfidante per un Comune come il nostro che è anche capoluogo di un’Unione dei comuni che comprende sei comuni, tre collinari tre in pianura. Siamo stati colpiti a 360 gradi sull’intera grammatica alluvionale: dalle frane in montagna ai poderi invasi dall’acqua in campagna, fino ai centri storici urbani alluvionati in pianura.

Che ruolo hanno giocato i social network? 

Sono risultati fondamentali, grazie a loro abbiamo potuto informare i cittadini in maniera decisamente più semplice. Attraverso il mio Messenger personale abbiamo potuto attivare i soccorsi e salvare molte persone isolate. Nelle ore di maggiore emergenza tre persone si sono dedicate solo a questo, a filtrare e rispondere ai messaggi che arrivavano sul mio profilo Facebook. Ma come dicevo, non tutti potevano essere raggiunti in questo modo.

E quando ha smesso di piovere, il mondo era cambiato…

Sì, l’amministrazione comunale ha vissuto tre mesi in apnea, ci siamo praticamente occupati solo di questo ventiquattro ore al giorno con decine di dipendenti che non hanno preso un giorno di ferie e hanno lavorato a tempo pieno continuato. E’ difficile rendere l’idea della quantità di problemi affrontati.

Proviamoci

Parto da alcuni numeri. Nei due giorni successivi all’alluvione, chi abitava nelle 10.000 unità abitative alluvionate ha istintivamente portato in strada il patrimonio materiale di una vita. Da un giorno all’altro ci siamo dovuti attrezzare per raccogliere 50.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati. Solitamente ne raccogliamo 15-18.000 tonnellate all’anno. Non solo non disponevamo della quantità di automezzi necessari, ma ci siamo resi conti che quelli abitualmente utilizzati non erano adatti all’uso perchè si foravano continuamente a causa del tipo di materiale portato in strada: chiodi, vetri etc. Ci servivano automezzi con le ruote piene che non si forassero. Per fortuna un imprenditore che li fornisce anche per l’esercito, Beniamino Gavio, ci ha mandato da un giorno all’altro cinquanta mezzi con cinquanta autisti che, insieme alle nostre risorse disponibili e ai genieri dell’esercito, ci ha permesso di sgombrare le strade. Allo stesso modo abbiamo dovuto trovare 45 spurghisti per liberare le cantine. Sono, ovviamente, numeri “fuori scala” per un comune come il nostro.

Il centro di Faenza a cinque mesi dall’alluvione (Foto Simona Dalfiume)

Un’esperienza che non può lasciare indifferenti. Dal punto di vista personale e politico

Sono cambiato io ed è cambiata la città. Ho l’impressione che a Faenza l’alluvione abbia definito una nuova periodizzazione del nostro tempo storico. C’è stato un prima e un dopo la seconda guerra mondiale e ora c’è un prima e dopo l’alluvione. Ancora oggi, la nostra amministrazione è concentrata soprattutto sulle soluzione dei problemi dovuti all’alluvione. Detto questo, non possiamo piangerci addosso, dobbiamo fare di tutto per aiutare i cittadini a uscire dall’emergenza, ma dico anche che non possiamo pensarci e immaginarci solo come città alluvionata. Dobbiamo alzare lo sguardo, non dobbiamo chiuderci in questa definizione perché siamo molto altro. Stiamo ancora aspettando le risorse economiche che ci permettano di uscire dall’emergenza, sono cifre che nessun Comune ha a disposizione a bilancio, ma questo non deve trasformarsi nel nostro unico orizzonte amministrativo.

Insegnamenti per il futuro?

Abbiamo compreso quanto sia importante la prevenzione. Ora sappiamo che sono possibili eventi da cui ci immaginavamo protetti. Oggi, non solo sappiamo che può accadere, ma anche che se accade il sistema non regge. Non possiamo girarci intorno, dobbiamo attrezzarci adeguatamente. Se sei mesi fa avessi chiesto ai miei concittadini le dieci cose di cui aver paura, il fiume non sarebbe stato citato, ora è tutto diverso.

Soluzioni possibili?

Oggi abbiamo bisogno di teste pensanti che ci dicano come rendere sicuro un territorio come il nostro. Servono risposte concrete per creare un sistema di difesa efficace perché quello che avevamo non ha tenuto. Quando una casa crolla a seguito di un sisma, viene ricostruita con criteri antisismici: la logica deve essere la stessa, serve un sistema performante che facciamo in modo che il sistema regga anche in caso di un nuovo evento simile. Penso, per esempio, alla messa in sicurezza degli argini, ma non solo. Serviranno interventi di vario genere, non è banale come può sembrare.

Massimiliano Boschi

Immagine di apertura: Faenza: Piazza del popolo (foto Simona Dalfiume) 

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