Dal Psg alla Samp, alla scoperta dell'azienda altoatesina leader in Italia per gli esports

ProGaming Italia è la principale azienda nazionale specializzata nell’organizzazione di eventi nel settore videoludico ed intrattenimento digitale. La sede è a Bolzano, al quarto piano di un edificio della zona industriale. Non appena usciti dall’ascensore, è un grande e colorato Mario Bros a dare il benvenuto ai clienti. La sede è più o meno come ce la si può immaginare, open space, poltrone da simulatori di corse automobilistiche e personale dal giovane al giovanissimo, i dipendenti sono venticinque. Ad accoglierci è l’amministratore delegato Daniel Schmidhofer che si presenta privo di giacca e cravatta d’ordinanza, indossa una felpa di Topolino e l’intervista si indirizza già nel migliore dei modi.

ProGaming è un’azienda in grado di gestire ogni aspetto della gestione di eventi, ma il motivo per cui siamo qui è più specifico, riguarda il core business dell’azienda: l’organizzazione di eventi e competizioni gaming a livello professionistico e casual. In particolare, ci interessano gli esports, gli sport elettronici. A quindici anni dall’inizio dell’attività, l’azienda è oggi in grado di organizzare e gestire qualsiasi tipo di evento e/o competizione videoludica: dal piccolo torneo fino alle Lan Party, online e offline su ogni supporto PC e Console in commercio, redigendo regolamenti, reclutando arbitri e admin, curando l’amministrazione e ogni tipo di attività collaterale che va da strategie marketing e comunicazione, alle produzioni streaming per arrivare agli allestimenti in fiera.

Prima di procedere con l’intervista, una premessa è necessaria. Varcare la porta di ProGaming proietta in un altro mondo con linguaggi e logiche molto difficili da comprendere per chi non lo “abita” con regolarità. Ogni eventuale imprecisione o semplificazione eccessiva è quindi dovuta al tentativo di rendere comprensibile al pubblico più vasto possibile questo articolo. Ma le difficoltà di rapporto con questo nuovo mondo, le stanno vivendo anche le società di Serie A nel tentativo di creare la propria squadra esport. L’hanno già fatto, per esempio, la Sampdoria, il Bologna e il Parma mentre i top team sono in ancora alla ricerca della formula migliore.

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«Molte società della Serie A – spiega – si stanno accorgendo che molti sponsor sono interessati alla crescita degli esports, ma i club italiani non sembrano essersi immersi correttamente in questo mondo». Schmidhofer ci tiene a una precisazione: «Ad oggi non stanno investendo nei veri titoli esports ma  in quelli non nativi, giochi che non nascono nel digitale e quindi hanno un’alternativa nella realtà come Fifa e il calcio giocato. Questi titoli sono importante per fare da ponte tra esports e sport, ma se andiamo a vedere le classifiche dei 10 titoli più seguiti troviamo solo titoli nativi. Partecipano quindi a vari tornei organizzati in Italia o in Europa ma non ai principali a livello mondiale. Nel farlo, però, perdono un’opportunità, alcune squadre calcistiche di Francia e Germania hanno preferito seguire le orme dei team Nba, Nhl e Nfl e hanno deciso di creare squadre per Overwatch o League of  Legends aumentando di molto il valore della propria squadra (cfr qui). Solo per fare un esempio, McDonald’s Germania ha rescisso il contratto con la nazionale di calcio annunciando la sponsorizzazione della Esl Meisterschaft, il campionato tedesco per videogiocatori».

Tra le squadre calcistiche che hanno già deciso di fare il grande salto ci sono il Paris Saint Germain e lo Schalke 04 entrambi in League of Legends. «Sono squadre che hanno fatto investimenti importanti che rientreranno tranquillamente tra qualche anno, ma che diffondono il proprio marchio in mercati enormi e nell’ambitissima fascia dei millennials. In gran parte della popolosissima Asia, i ragazzi difficilmente riescono ad assistere ad una partita delle squadre di calcio più note al mondo, mentre sono milioni i ragazzi che passano ore a seguire tornei esports. Per gli sponsor sono un mercato fondamentale».

ProGaming si è, quindi, attivata per diffondere gli esports anche a livello nazionale, per esempio, organizzando – nel 2018 – insieme alla Gazzetta dello Sport  la Gazzetta Esports Challenge a cui hanno partecipato 1.500 persone. «E’ stato un successo enorme, ma in Italia sarebbe importante risolvere alcuni problemi burocratici relativi al montepremi e alla partecipazione di giocatori stranieri. Limiti legali che bloccano la crescita degli esports. Così i giocatori italiani partecipano a tornei che si svolgono nel resto d’Europa, in particolare in Germania, dove gli esports sono finiti anche nell’accordo di governo tra Spd e Cdu. In Italia c’è ancora molta strada da percorrere.

L’intervista potrebbe continuare per ore, perché il gaming online è davvero un altro mondo, tutto da scoprire ma vedremo di tornarci. Un mondo che ai meno giovani può spaventare ma Schmidhofer sottolinea un aspetto troppo spesso poco valutato: «Tutti possono partecipare ai giochi online, tutti possono vincere indipendentemente dal luogo di nascita e senza differenze di sesso o razza. Sono sfide che oltrepassano i confini. Con Intel è stato organizzato un torneo in occasione delle Olimpiadi invernali in Corea e abbiamo scelto Star Craft II perché i coreani sono i più forti al mondo. Invece ha vinto una canadese transgender. E’ un mondo sorprendente senza limiti dove solo una cosa è certa: nei prossimi anni, l’esport diventerà il primo sport al mondo superando anche il calcio».

Massimiliano Boschi

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