Cultura e impresa, matrimonio possibile. «Il mercato non è un tabù»

Gap generazionale e diversità di approccio al lavoro segnano la distanza tra le nuove forme di cultura e l’arte invece più tradizionale. “Nuove forme di imprenditoria culturale: quali vie possibili?” è il titolo della tavola rotonda, in lingua italiana e aperta al pubblico, che si terrà giovedì 10 novembre 2016 alle ore 18.30 nell’aula F6 della Libera Università di Bolzano, nell’ambito del ciclo di workshop sull’innovazione culturale in Alto Adige WS Explora. Attraverso il confronto con diverse esperienze provenienti da tutta Italia, la tavola rotonda sarà occasione per interrogarsi su nuovi modelli di imprenditoria in ambito culturale e creativo. Seguirà un aperitivo musicale. A introdurre e moderare l’evento sarà Damiano Aliprandi, coordinatore dell’area ricerca e consulenza di Fondazione Fitzcarraldo e imprenditore culturale. Interverranno Federico Bomba (Sineglossa), Filippo Cantoni (Toscolano 1381 Impresa Sociale Cooperativa), Marco Trevisan (Euganea Film Festival).

«Siamo in una fase di transizione – afferma Aliprandi –: con la riforma del terzo settore si sta aprendo la possibilità di fare imprenditoria, intesa come un’attività continuativa e regolarmente retribuita, anche per realtà culturali che prima lavoravano essenzialmente con il no-profit o i finanziamenti pubblici. Fino a poco tempo fa non si doveva parlare di mercato, perché per questo genere di realtà era considerato un tabù. In seguito le stesse istituzioni che prima ponevano un veto hanno incentivato l’imprenditoria culturale, perché faceva il bene comune, e il denaro messo in circolo fa funzionare la cultura. Insomma, grazie al nuovo quadro normativo sarà possibile fare impresa per sostenersi senza finanziamenti pubblici».

Vecchie e nuove forme di cultura

L’imprenditore culturale ospite a WS Explora sostiene che ci sono modi diversi di intendere la cultura. Il primo è quello più tradizionale, legato principalmente al sentirsi italiani: musei, teatri stabili, cinema, settore in cui vige la legge della valorizzazione del patrimonio e che fino a pochi anni fa costituiva il 100% del panorama culturale. «Tutto questo adesso deve scontrarsi con gravi problemi strutturali e di finanziamento, perché non riesce a intercettare risorse che integrino i finanziamenti pubblici. Una di queste è l’art bonus, che prevede agevolazioni fiscali a chi si impegna a sostenere un bene culturale pubblico.

WS ExploraLa seconda modalità di intendere la cultura è quella costituita dai linguaggi contemporanei, come le arti visive, l’industria creativa o le arti performative. «Questo mondo sprigiona l’energia dei giovani che vogliono rispondere ai bisogni culturali del territorio in forme varie che producano cultura autosostenendosi, come accade per esempio con le terre confiscate alla mafia – continua Aliprandi –. Il settore culturale tradizionale però non aggancia l’innovazione». C’è infatti una sorta di diffidenza tra il settore tradizionale e le nuove forme di arte. «Le incomprensioni sono dovute in primo luogo a un gap generazionale: ci sono 20-40 anni di differenza fra i due “mondi”, a volte i figli incontrano i genitori o addirittura i nipoti incontrano i nonni. E poi c’è un’incomprensione sulle modalità di approccio al mercato e al lavoro. Per esempio, parlando di sviluppo locale, c’è chi vorrebbe restaurare e tutelare un bene, sacrificandone a volte la conoscibilità, e chi invece vorrebbe metterlo a disposizione del pubblico».

A WS Explora l’esperienza di Fondazione Fitzcarraldo

Fondazione Fitzcarraldo, in cui Damiano Aliprandi si occupa di ricerca e consulenza, è un centro indipendente che svolge attività di progettazione, formazione e documentazione sul management, l’economia e le politiche della cultura, delle arti e dei media. Nata come fondazione di partecipazione nata a metà degli anni Novanta, riunisce privati e lavora con enti pubblici e fondazioni. «Concentrarsi sul management culturale – spiega Damiano Aliprandi – appariva un sogno impossibile come quello del protagonista del film di Werner Herzog del 1982, che si chiamava Fitzcarraldo: costruire un Teatro dell’Opera nel mezzo della foresta amazzonica. Da 20 anni quindi la fondazione vuole portare anche nella cultura i manager, la consulenza, i corsi, la ricerca». Con il crescere dell’attenzione da parte delle istituzioni alle imprese culturali, è cresciuto anche il sostegno agli imprenditori, segnando così la strada per il futuro.

Rebecca Travaglini

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