Sanità, due altoatesini scrivono il futuro della chirurgia ricostruttiva

Si definiscono «protesi sensitive» e, per lo meno nelle intenzioni dei loro ideatori, sono la nuova frontiera della chirurgia ricostruttiva. Nella pratica si tratta di dispositivi nati dall’incontro tra tecnica e medicina che permettono, a chi ha subito l’amputazione di un arto, di migliorare il proprio equilibrio e la propria capacità motoria, grazie al recupero di una parte di sensibilità. Ma, soprattutto, di contrastare i dolori provocati dalla sindrome dell’arto fantasma. Gli apripista sono due altoatesini, Hubert Egger, ingegnere in biogenetica, e Alexander Gardetto, chirurgo e fondatore della clinica privata Brixsana, dove, in novembre, è stato operato il primo paziente al mondo sulla base di questa nuova tecnica. «Dopo di lui ne abbiamo operati altri due – spiega Gardetto – Uno in clinica, l’altro all’ospedale di Bolzano. Altri tre sono stati i pazienti sottoposti all’intervento a Innsbruck, dove si trova un centro specializzato nato sul modello brissinese».

Protesi sensitiva, che cos’è?

Ma che cos’è, esattamente, una protesi sensitiva? «Si tratta di un prodotto applicabile a qualsiasi tipo di protesi – spiega il chirurgo – Nel nostro caso, il prodotto ideato da Egger e realizzato in collaborazione con l’austriaca Saphenus medical technology, è pensato per chi ha subito l’amputazione di una gamba o di una coscia. Una volta installato, grazie alla rivitalizzazione di una regione cutanea che viene reinnervata e grazie a una particolare suola dotata di sensori, permette di trasmettere un segnale al cervello ogni volta che il piede artificiale tocca il suolo». Insomma, il paziente percepisce il contatto. «Così facendo, è possibile migliorare notevolmente la sua capacità motoria – prosegue Gardetto – così come equilibrio e riflessi». Non solo. Il trattamento risulta particolarmente efficace anche nel trattamento della sindrome dell’arto artificiale e «che causa dolori molto forti ai pazienti che hanno perso un’estremità. Ciò che accade, in questi casi, è che il cervello crede che l’arto sia ancora presente, e il sistema nervoso trasmette una serie di segnali che causano una sensazione di bruciore continuo. E che non si può contrastare se non con un dosaggio molto elevato di antidolorifici». O con le nuove protesi sensitive.

Verso l’internazionalizzazione

Un ulteriore vantaggio, sottolinea Gardetto, «è dato dal costo contenuto. Quello del dispositivo in sé si aggira intorno agli 8-10 mila euro. Il trattamento completo, comprensivo di operazione, degenza e fisioterapia, tra i 20 e i 25 mila». Ma gli esperti sono già al lavoro per stipulare apposite convenzioni con la sanità pubblica. «In Austria siamo già a buon punto – annuncia – In Italia stiamo trattando con Inail e Azienda sanitaria dell’Alto Adige».Il prossimo passo? L’internazionalizzazione. «Egger e io siamo altoatesini – spiega il chirurgo – ma l’intento è quello di farci conoscere anche oltre confine. In Austria ci siamo già riusciti, così come nel sud della Germania. I prossimi obiettivi sono Inghilterra, Canada e Stati Uniti, tutti Paesi che già hanno manifestato interesse nei nostri confronti. Ci muoveremo con una serie di pubblicazioni, per portare questa possibilità di cura al più ampio numero di pazienti possibile».

Chiara Currò Dossi

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